deserto -. I due beduini di scorta restano immobili e attenti. Le
mani accarezzano nervose l’elsa di sciabole sottili, appese alla
cintura. Il nomade rompe il silenzio, alzando la mano sinistra in
segno di saluto:
- Al-alaam, Muhjan! Per mia umile terra ... grande onore Con calma il magus getta all’indietro il cappuccio, mentre guizzi
di uron ne accompagnano ogni gesto. L’uron, o aura, elemento
naturale fonte del potere di ogni magus, avvolge lui e tutto ciò
che tocca. Jos si è spesso ritrovato a pensare a quanto sia tremendo da vedere, l’uron del padrone. Il fumo. Una nube tangibile,
onnipresente, prende vita e gli danza intorno, formando disegni e ghirigori nei quali si materializzano scene di altri mondi
ed epoche. La coltre grigia non nasconde i lineamenti del viso
pallido, tatuati con le stesse rune azzurre del mantello. L’ hennè
trova posto sulle guance, appena sotto gli occhi e alla base del
mento, dona alla sua figura un aspetto tribale, ferino, strano a
vedersi quando le mani nodose armeggiano con artefatti magici
o fialette di laboratorio. La faccia tradisce il peso degli anni e allo
stesso tempo suggerisce una forza antica di secoli. Capelli e barba, bianchi come neve, non sembrano appartenere a un vecchio
e, nonostante il colore, suggeriscono un vigore tipico della giovinezza. Correnti di vapore denso e nero, quel demone d’ombra
che è proprietario della sua anima, segue il ritmo regolare del
respiro, muovendosi dal naso alla bocca. Inizia, iniziano, a volte
sembrano due voci all’unisono, a parlare nell’idioma locale, per
cui Jos non capisce esattamente cosa dice. Vede il capo-villaggio
accennare un inchino e invitarli a seguirlo con un sorriso anche
troppo accomodante. Gli altri indigeni si tengono a distanza,
aspettano a braccia conserte, mentre apprensive facce femminili
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