bambini e anziani, vengono rinchiuse in una costruzione bassa.
Il resto degli uomini si dispone a semicerchio, cominciando a
discutere animatamente. Quando il breve raduno volge al termine, una delegazione di tre uomini si stacca dal gruppo, avvicinandosi a dorso di un cammello.
Gran parte dei Maghreb che Jos ha conosciuto fino a quel momento sono mercanti che passano per la fortezza, non creano
mai problemi. Li rispetta, ma non gli è mai piaciuta quell’abitudine di nascondere la faccia dietro anonime maschere bianche
dal becco adunco. Vestono abiti fini, tessuti in casa dalle donne
che li adattano ai gusti e alle esigenze di altri popoli, ricavandone anche grossi guadagni. Sono nomadi, ma le carovane dove
dormono sono pulite e ricche di utensili e soprammobili artigianali. Insomma anche se schivo e pieno di enigmi, lo ha sempre considerato un popolo dai modi cortesi ed eleganti. Quelli
che ha di fronte adesso, invece, hanno tutt’altro aspetto. Restano impassibili, in cima ad una duna, fissandoli con occhi duri;
occhi che non tradiscono minimamente il terrore per l’aura di
un magus, o per i suoi cani da guardia. Sono selvaggi, partoriti
dalla sabbia, al punto che il colore della pelle col tempo ne ha assunto la tonalità. Le tuniche rosse che indossano sono lacere per
la continua esposizione al vento e li avvolgono per intero. Solo
l’anziano che sembra il capo lascia scoperta una parte del volto
severo, solcato da rughe e cicatrici. Il capo-villaggio ha al collo
una quantità impressionante di pendagli, amuleti, collane fatte
di sassi e piante del deserto.
- Deve trattarsi di una sorta di sciamano Jos ne studia i movimenti ipnotici delle braccia, che ora ubbidiscono a una sorta di rituale di benvenuto.
- Ma non ricordavo che la magia fosse in uso tra le genti del
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