aveva aperto il libro e loro erano stati catapultati altrove. Ma non
come si suole dire nella metafora, letterariamente, per gioco, no.
Veramente catapultati. Erano atterrati in una terra sconosciuta
e arida e s’erano fatti anche male quando erano caduti dal cielo.
Dopo tre ore di incredulità si erano risolti a cercare di uscire di
lì. Ma era stato tutto inutile. Avevano perciò deciso di muoversi.
L’unica cosa che avevano trovato dopo ore di cammino era una
specie di agghiacciante maniero semidiroccato. E nel maniero
viveva una sorta di megera che gli aveva parlato biascicando parole sputacchiate fra i due soli denti che le rimanevano.
- Sciocchi, non potete tornare indietro, potete solo andare avanti. Però, se mi portate la testa dell’orco che vive sulla Crosta del
Tordo, io potrei fare un incantesimo per rimandarvi a casa. La megera aveva poi aperto un baule e ne aveva tratto una serie
di strani oggetti e abiti. Li aveva così rivestiti di tutto punto e si
erano ritrovati agghindati come gli eroi delle favole. La megera
aveva anche ricordato a Seline che la sua creatrice ( Mara) l’aveva creata maga, quindi lei doveva pur saper fare qualcosa di
buono con la bocca e qualche coda di rospo. Marco s’era ricordato di essere Martell e di saper tirare certe legnate da spaccare
le porte. Gianpaolo, che aveva creato Marmotta, non riusciva
proprio a capire come fosse possibile che fosse bravissimo a scalare le pareti come un ragno, sapesse nascondersi negli anfratti
come un’ombra e riuscisse ad aprire le serrature come Lupin.
Alla fine avevano dovuto cedere. La loro razionalità si era dovuta arrendere ai fatti. Erano davvero in un mondo fantasy e
non sarebbero tornati a casa finché non avessero portato la testa
dell’Orco alla strega del maniero. E così partirono alla volta delle
terre marce, luogo in cui, a sentire le strascicate indicazioni della
vecchia, avrebbero trovato un altopiano inconfondibile, dimora
di un maledetto orco cattivo.
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