Irina allungò le braccia e si tirò a sedere. Geert fece lo stesso, incapace di credere ai propri occhi. Il bulbo oculare dalla pupilla
nera della ragazza si estrofletté e le cadde sulla guancia, rimase
attaccato solo dai nervi ottici. La sclera dell’occhio dalla pupilla
azzurra, invece, divenne gialla. Le mani di Irina toccarono quelle del marito, lo ghermirono e lo tirarono a sé con forza. Con
voracità i denti della ragazza affondarono nei polsi del marito.
Mackiewicz urlò, strattonò, cadde.
Anche altri cadaveri presero a muoversi, uno ad uno: si alzarono, come guidati da una forza soprannaturale che li comandasse
a distanza; dapprima con movimenti calibrati, sincopati, quasi
meccanici, poi scattarono rapidi come fiere assetate di sangue.
Gli altri membri del Sonderkommando che si trovavano lì vicino furono aggrediti, azzannati. E si scatenò il panico.
Geert si alzò in piedi. Un cadavere rianimato si accorse di lui e
gli venne incontro; istintivamente, l’ufficiale estrasse la Lüger e
lo abbatté centrandogli l’unico occhio sano. Ancora una volta
ringraziò la Dea Bendata: credendolo morto, non gli avevano
tolto la pistola.
Balzò oltre, riuscendo a liberarsi dalle mani dei Redivivi che cercavano di agguantarlo, forse ancora troppo deboli in quel primo
moto di risveglio.
Senza pensare a nulla, se non a salvarsi la vita, corse il più lontano possibile dallo scempio che si stava consumando tutto intorno a lui.
Girando l’angolo di una baracca si trovò davanti Schreiber e
Hahn. Sparò al primo, colpendolo alla gamba destra e passò di
corsa accanto al secondo che, incredulo, rimase a fissarlo, forse
ancora sotto l’effetto dei fumi dell’alcool.
Scappò via. Si girò solo una volta e vide i Redivivi che si avventavano sui due SS. Presero a sbranarli con foga e bramosia, come
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