resse.
- Ecco vedete, mi chiamo Irina e sono venuta solo per chiedere
al Truppführer … - Taci, sgualdrina! - sbottò Hahn, dandole una spinta che la scaraventò a terra.
Geert la guardò cadere, poi riportò l’attenzione sul sergente.
- E immagino che in cambio di un favore sessuale, si possa mettere una buona parola per farle ricongiungere? Il sergente si limitò ad alzare le spalle.
- Spero davvero che questo comportamento non sia la norma.
- Geert mosse le mani a cercare il suo taccuino, che non trovò.
Distolse lo sguardo per cercare a modo nelle sue tasche. Solo pochi secondi e uno sparo ravvicinato esplose nell’aria, facendogli
rimbombare le orecchie.
Alzò la testa di scatto, portando d’istinto il palmo sul calcio della
pistola.
Hahn impugnava una Lüger con la canna fumante. A terra giaceva invece la prigioniera, con un foro sul collo dal quale sgorgava copiosamente sangue. La poverina si portò le mani alla gola
gorgogliante, gli occhi sbarrati nell’incredulità.
- Le avevo promesso che avrei messo sua sorella nel settore Kanada, - ridacchiò il sergente - ma dovevo prima liberare un posto … Geert gli strappò la pistola di mano senza difficoltà: era troppo
ubriaco per porre resistenza. In quel momento uscì dalla porta
della baracca un soldato dal viso assonnato, i capelli mori e unti,
appiccicati alla testa e con una scriminatura laterale tipo Adolf
Hitler. Aveva occhi piccoli e vicini, un viso scavato e un fisico
minuto.
- Soldato Schreiber, suppongo? - domandò Geert porgendogli la
pistola del sergente.
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