Nel giro di pochi minuti, un reparto di soldati armati di tutto
punto prese possesso della zona e si posizionò sulla vasta banchina bianca, formando un sottile fronte in linea davanti ai binari ferroviari. Uno sbuffo ripetuto di un treno latrò in lontananza.
Le SS avevano riempito la banchina in pochi istanti, come se fossero fuoriusciti dalle luci alle loro spalle al pari di grigi fantasmi,
preceduti solo dal tramestio del loro incedere marziale; a comandarli un sergente alto e corpulento. Prima che Geert potesse
obiettare, il frastuono metallico del treno sulle rotaie divenne
incombente e così comprese che non aveva altra scelta che assistere e cominciare a scrivere.
Mentre il treno prendeva forma nella notte, si chinò ad aprire la
valigetta, ne sguainò un taccuino con la stessa fierezza con cui
si sfodera una spada e, sotto lo sguardo attento dei due ufficiali,
si armò anche della stilografica. Iniziò a scrivere mentre il treno
rallentava e continuò a farlo, fino a quando il vapore invase la
banchina e i pistoni smisero di ruotare arrestando la bestia metallica.
Scrisse tutti i dettagli, non solo sul treno e i deportati; si dilungò
parecchio sulla selezione operata dal personale di servizio e la
gestione degli arrivi e la loro allocazione nei vari blocchi.
Scrisse come era suo solito fare, senza tralasciare nulla, per ore.
Quando più tardi, già a notte fonda, si trovò nell’alloggio assegnatogli, si distese nella branda senza svestirsi. Era ansioso
di scrivere, non sul taccuino degli appunti, bensì sul suo diario.
Nonostante la fioca illuminazione fornita da una sola lampadina
pendula dal soffitto, scrisse ancora:
“ Il metodo di Mengele è sbrigativo e approssimativo, seleziona i deportati da condurre al blocco 10 per i suoi esperimenti
facendoli semplicemente passare accanto ad un muro, su cui è
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