l’altro nero.
- Benvenuto ad Auschwitz, Hauptsturmführer Schäfer - lo accolse Fuchs con un sorriso stanco.
Mengele l’osservava invece con occhi indagatori, quasi cercasse
di capire all’istante con chi aveva a che fare.
Prima che Geert potesse rispondere ai convenevoli del colonnello, altre luci si accesero una dopo l’altra, seguite da clangori
metallici, e la notte fu trafitta dal lucore artificiale dei riflettori …
algidi fiori di luce che sbocciano nella notte ad illuminare l’immota banchina.
Geert avrebbe voluto annotare quel pensiero poetico sovvenutogli sul suo diario, ma non gli era possibile e cercò di ripetere la
frase nella sua mente un paio di volte per non scordarsela.
Solo in quel momento comprese di trovarsi allo scalo merci della stazione di O?wi?cim, e per l’esattezza alla Judenrampe nei
pressi di Birkenau.
- Siete fortunato - soggiunse Fuchs. Tossì un paio di volte e continuò: - Stiamo attendendo un carico da est. Potrete assistere
all’arrivo di un treno e alla selezione della forza lavoro. - Potrete iniziare subito a redigere il vostro rapporto - disse Mengele con un sorrisetto mellifluo.
Geert avrebbe voluto rimandare quella spiacevole incombenza,
adducendo come scusa la stanchezza del viaggio, ma comprese
che l’occasione non andava sprecata. Si auspicò soltanto che i
due ufficiali non avessero pianificato una dimostrazione a suo
unico uso e consumo.
Geert Schäfer non amava le sorprese e preferiva osservare l’operato di chi doveva esaminare quando meno se lo aspettavano,
perché da sempre era convinto che la verità sul carattere degli
uomini risiedesse nell’improvvisazione delle loro azioni, non
nel calcolo programmato delle stesse.
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