Poi mi alzai in piedi, la sollevai di peso e la misi contro il muro.
Genny mi cinse i fianchi con lunghe gambe nervose. Mi tirò per
i capelli. Io badai unicamente a ficcarglielo in corpo.
Spinsi a fondo. L’arpionai tenendola contro la parete. Fu percorsa dai brividi, da capo a piedi.
Parve una belva presa in trappola.
Lo facemmo contro il muro, con la luce strobe e la musica devastante nelle orecchie.
– Come sei buona Genny!
– Oh Marco… – Sussurrò – Fammi male!
Era fuori di sé, glielo spinsi più su che potevo, si dimenò come
un pesce preso all’arpione.
Roteai i fianchi, lei guizzò come i salmoni che risalgono la corrente.
Lo facemmo come si doveva: lentamente e ben a fondo, per interminabili istanti eterni.
– Sto avendo l’orgasmo più lungo della mia vita. – Proclamò alla
fine, sbattendo la testa come un burattino impazzito.
A me mancarono le parole.
Piacere reciproco, Pensai.
Ci sedemmo a terra esausti.
Genny si accese una sigaretta, me la passò, feci un paio di boccate, tossii nel solito modo asinino e gliela riconsegnai. Allora
afferrai la bottiglia.
– Con le bibite va meglio – dichiarai dopo avere inondato il gargarozzo di whisky.
Credetti di sentirmi quasi bene. Se non altro per un po’ m’ero
scordato degli incubi.
Che si fottessero la Chiesa Nera e la Outright inc.
Genny crollò lì per terra. Si rannicchiò su se stessa e prese a dormire della grossa.
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