figura del Kapo addetto alla selezione dei deportati
della sera prima. Inclinò leggermente il capo per vedere
meglio: il Kapo era in piedi, immobile, atterrito. Stava
fissando un cadavere. Geert distinse chiaramente che si
trattava della ragazza uccisa da Hahn. Era stata anche
lei denudata e, scrutando meglio intorno a sé, s’avvide
che molti dei cadaveri, come la stessa Irina, avevano
una garza incollata tra il bordo del seno e l’ascella. Gli
fu subito chiaro che si trattava delle cavie di cui avevano
parlato prima Fuchs e Mengele.
- Accidenti, ma è tua moglie! - urlò la stessa voce, mentre
Mackiewicz ancora non dava segno di riprendersi.
Sotto lo sguardo incuriosito di Geert, il Kapo si
avvicinò al cadavere della moglie con movimenti lenti,
protendendo le braccia come se volesse toccarla ma non
riuscisse realmente a farlo.
Fu in quel momento che successe l’incredibile. E tutto
ciò che avvenne dal quel preciso istante in poi, accadde
molto in fretta.
Irina allungò le braccia e si tirò a sedere. Geert fece
lo stesso, incapace di credere ai propri occhi. Il bulbo
oculare dalla pupilla nera della ragazza si estrofletté e
le cadde sulla guancia, rimase attaccato solo dai nervi
ottici. La sclera dell’occhio dalla pupilla azzurra, invece,
divenne gialla. Le mani di Irina toccarono quelle del
marito, lo ghermirono e lo tirarono a sé con forza. Con
voracità i denti della ragazza affondarono nei polsi del
marito.
Mackiewicz urlò, strattonò, cadde.
Anche altri cadaveri presero a muoversi, uno ad uno:
si alzarono, come guidati da una forza soprannaturale
che li comandasse a distanza; dappr