ai denti. Will Custer, lo speaker degli incontri di boxe,
un tipo segaligno preso in giro dai colleghi per i fondi
di bottiglia che indossa al posto degli occhiali, stringe
un kalashnikov che peserà almeno quanto lui, e con la
cravatta rossa attorno alla testa sembra un guerrigliero
acquattato nella giungla. Gli Ab Normal, gruppo dark-pop
autore di brani di successo come Kiss me, kill me, per mesi
in cima alle classifiche, maneggiano armi pesanti, bazooka,
lanciagranate, imprecando ordini all’intero star system
musicale che li segue come un branco di cani da caccia.
I due eserciti si fronteggiano alle estremità del tappeto,
uno la nemesi dell’altro. Un’aura antica, pregna di secoli
di immaginazione, pervade gli eroi dei romanzi, che
recano in sè memoria, cultura e vissuto di un milione di
mondi. Intonano canti di battaglia appartenuti ai tartari
di Genghis Khan, ai guerrieri di Sigfrido, ai cavalieri di
Camelot e Rohan, sempre più feroci, altisonanti, ritmati dal
fracasso di lame e scudi che cozzano e stivali che marciano
a passo d’oca verso il destino. La progenie fosforescente
delle macchine non fa rumore, affronta la morte come
una partita a scacchi, pedine della mente rigida e senza
emozioni dei loro padri elettronici.
Uno stormo di uccelli neri e sottili piove sui marines
dell’ultimo film di Glenn Tucker, che alzano scudi
antisommossa presi in prestito dalla serie tv Cops. Una
decina di Mecha partoriti da una pellicola sci-fi anni ‘80
sparano in aria una gelatina verde e compatta, che si
apre in una ragnatela-scudo di pura energia. Le frecce
degli elfi di Galadriel e degli arceri inglesi di Giovanna
d’Arco si spezzano come grissini sulle difese hi-tech del
nemico. Bighe egizie e romane, cavalieri berberi, apaches e
mongoli cercano di sfondare l’avanguardia androide in una
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