Ad un certo punto un ululato giunse feroce dai boschi vicini
destandolo dal torpore in cui era caduto. Il suo cane, che fino a
quel momento aveva dormito placidamente vicino al calore del
fuoco, drizzò le orecchie e si guardò attorno poi non vedendo
nulla di strano riprese a dormire. Passò qualche minuto poi un
secondo ululato, seguito subito da un terzo più forte e minaccioso di prima. Il cane si alzò di scatto ed iniziò a ringhiare nervoso. La ferocia di quei latrati era stata percepita anche dal suo fedele amico. Una disumana bestialità si poteva percepire da quei
versi, strani da sentire anche in quei territori alle estremità del
villaggio dei Lupi Grigi. La sua capanna, infatti, non si trovava
vicino alle altre ma presso i boschi di Livemoon, territorio che
da secoli gli orchi rispettavano e che poco avevano esplorato.
Strane ombre si aggiravano in quei luoghi. Soprattutto al di là
del sacro cerchio di rocce, luogo oltre il quale mai nessun orco si
era avventurato.
Il vento aumentò d’intensità, l’anziano orco si alzò e accarezzò
il manto teso del cane che si acquietò subito. Prese una lanterna
e l’accese. Si avvicinò all’uscio della porta, raccolse una grossa
mazza arrugginita che aveva appoggiato lì vicino e aprì la porta.
Il rauco verso si ripeté ancora ma giunse molto più vicino. L’orco
non vi badò ed uscì deciso.
Mentre era ancora sull’uscio della porta, una raffica di vento gli
fece, per un attimo, perdere l’equilibrio poi appoggiandosi allo
stipite legnoso, si rimise dritto ed uscì avventurandosi verso le
ombre della sera.
Dopo aver fatto appena pochi passi, si rese conto che forse aveva
fatto uno sbaglio ad uscire di casa. Le nuvole erano così dense e
fitte da aver coperto ogni angolo del cielo, il piccolo chiarore del
fuoco della lanterna a stento riusciva ad illuminare i suoi passi.
Era teso ma la sua mano era salda intorno al randello. D’altronde
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