aveva dato la sua grande occasione. Merito di Powell, quel vecchio bastardo, reduce della prima guerra afrocinese, da cui era
uscito vivo per miracolo dopo aver resistito sedici giorni sotto
le macerie di un palazzo crollato per l’esplosione di una bomba
Hg76. Quando quella maledetta pseudo-testata nucleare a basso
impatto era stata sganciata per calmare le popolazioni insorte,
lui ci era rimasto sotto e solo il diavolo sapeva come aveva fatto
ad uscire di lì. Powell aveva notato Kodrinsky ad una conferenza
dell’ Università rifondata di Primon, lo aveva ingaggiato dandogli l’opportunità di realizzare le sue idee. Era stato lui a fare in
modo che Hal ottenesse un finanziamento e non appena erano
giunti i primi risultati positivi, aveva fatto in modo di far avere
al giovane genio un mare di denaro. Il governo, in tempi duri
come quelli, non era certo ben disposto a versare denaro senza
ottenere nulla in cambio. Ma le teorie di Hal non erano affatto
prive di frutti. I primi tecnodroni automatici prodotti dalla Haarpak su brevetto di Hal diedero subito un’idea della potenzialità di quel nuovo ramo, l’informatica transizionale. E così, dopo
cinque anni di successi su apparati minori, Powell e Kodrinsky
ottennero dal governo i fondi per mettere su il più imponente
progetto del ventunesimo secolo. Gerico.
Non era stato facile ottenere i fondi dalle casse dello Stato ma il
Presidente aveva intuito che un successo in quel campo avrebbe
ridato agli Usa lo stesso potere che avevano nel ventesimo secolo. E perciò i fondi erano arrivati. Come location avevano utilizzato una vecchia base atomica in disuso. Per evitare fughe di
notizie tutti gli addetti avevano accettato un confino volontario,
rinunciando al diritto di uscire dalla base fino al giorno in cui
Powell, direttore esecutivo del progetto, avrebbe dichiarato che
la loro missione era finita. E quel giorno era arrivato, era oggi,
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