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ragazzini, e l’ esuberanza legata alla nostra età si era rivelata un vero e proprio limite ai nostri progetti. Le ore erano diventate insopportabilmente lunghe e tediose, e per trascorrerle iniziai a tenere una specie di diario, dove immaginavo un futuro per la S.S.D., in cui i suoi affiliati avrebbero avuto un ruolo importante nella società; in cui questa forma d’arte, perché è di questo che si trattava, sarebbe stata apprezzata e condivisa da tutto il popolo. Ovviamente i miei mi tenevano d’occhio, e approfittavano di ogni mia assenza per sbirciare il diario e analizzarne i contenuti. Penso che fu per questo che maturarono la decisione di portarmi al Grande Hum prima del tempo. La tradizione prevedeva che il giovane essere in potenza avesse un primo contatto con la religione solo con il raggiungimento della maggiore età. L’ Hum, unico e imponente luogo di culto del villaggio, era una costruzione bassa e quadrata, con minareti sottili dai quali i sacerdoti intonavano inni incomprensibili dell’ era antica. Per bimbi e ragazzi il tempio era un simbolo nefasto, in quanto rappresentava la fine della loro giovinezza e l’ ingresso nel mondo adulto. Per cui fu con un’ombra sul cuore e un groppo nella gola che ne varcai la soglia, con mio padre che mi teneva per mano mentre attraversavamo l’ enorme cancello sorvegliato da due mostruosi gargoyle in pietra. In fondo avevo solo tredici anni, e rinunciare all’ adolescenza prima del tempo mi sembrava la cosa più terribile al mondo. L’ interno era silenzioso e umido. Un ambiente del tutto privo di decorazioni e statue, solo nuda roccia. Dodici cassapanche in legno erano disposte ai lati della sala principale, in modo da creare un corridoio centrale percorribile fino all’ estremità opposta dell’ edificio. Tutto preso dalle sparute figure raccolte in preghiera, perlopiù giovani madri e anziane casalinghe, non mi accorsi immediatamente di ciò a cui stavo andando incontro. Restai di sasso quando mi accorsi che la parete di 18