parso.
Non fece tardi ad scomparire quel magone arrovellato nel
suo stomaco e camminò inconsapevole in un mucchietto di
cenere ben accumulato ai suoi piedi, avanzò.
Si ritrovò a camminare solo, in un lungo corridoio, sentì una
voce piccola e sbrindellata dalla raucedine, entrò in una camera sommersa da scatoloni, sembrava quasi che quella
voce facesse da sottofondo ad una situazione al quanto enigmatica.
- Due per sei, cinque per dodici, venti più sette. - borbottava
quella vocina una serie di calcoli matematici nascosti dietro
a chili di cartone.
- Ma chi c’è lì? - Disse l’uomo cercando una risposta, nel vano
tentativo di ottenerla.
- Sei per sette? -E il silenzio.
- Cosa vuoi? Che risponda ad una domanda così stupida e
scontata?!
- Adesso ti suole scontata. - Ripetè la voce.
- Posso sapere chi sei? - Gli domandò l’uomo fermo e deciso,
quasi infastidito da quella specie di interrogazione a sorpresa, come quando a scuola veniva chiamato a parlare di quanto studiato a casa, senza preavviso.
Sopraggiunse di soppiatto un’epifania della sua adolescenza, quella volta in cui la prof d’italiano gli chiese senza avvisaglia alcuna di esporre la lezione assegnatagli: il suo cuore
iniziò a battere così rumorosamente, forte come un tamburo,
tanto da arrivare alle sue stesse orecchie e lasciargli la netta
sensazione che anche i suoi compagni potessero ascoltarlo
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