Percorreva con le mani un oggetto tubolare e, mentre le sue
scarne dita avanzavano su di esso minuziosamente come il
tragitto di una formica in fila indiana con le altre, la mano impigliava in strane protuberanze , non si soffermò più di tanto nell’approfondire la complessità di quell’oggetto quando
una figura, sospesa a mezz’aria, gli si proiettò contro, scagliandosi come lo zoom di una macchina fotografica.
Pochi minuti dopo, quando ormai era già a lui vicina, ad una
distanza di ben dieci, quindici centimetri, l’immagine si modellò, prendendo forma: un feto di mezzo chilo scarso con
indosso un grosso paio di occhiali, gli si presentò nudo e
scarno come può essere tale una creatura in procinto di crescere. L’essere umano lo guardò, era già da un pezzo che lo
stava facendo, si avvicinò a quella creatura per rovistare in
quei grossi fondi di bottiglia.
- Non vedo niente! - esclamò l’uomo con un’aria alquanto insoddisfatta. Nè i suoi occhi, nè un riflesso, nulla.
- Ma perchè li indossi?- Continuò.
- Perchè tu! Perchè tu non li indossi! - Rispose sopraffatto il
feto.
Preso da un senso di incertezza, l’uomo cercò di ignorare il
tutto voltando le spalle altrove. Fu in quel momento che fu
colpito da quella strana sensazione, un contorcersi interno,
che andava dritta allo stomaco ogni qual volta sapeva di non
aver fatto o detto ciò che sentiva. Allora si girò con l’intento di porgli qualch’altra domanda diversa da quello stupido
quesito sugli occhiali, ma quando si voltò quel feto era scom-
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