Nel Mezzo
di Geppina russo
Era lì, seduto su quella sedia di ferro fredda e macerata
dall’acqua piovana, rannicchiato come suoleva sedersi, come
se ci sarebbe dovuto entrare tutto in quel misero spazio.
Le punte delle sue scarpe consumate uscivano di ben
2,3 centimetri dal bordo di ferro del sedile. Era un essere
umano, poteva essere maschio oppure femmina ciò non
avrebbè distinto nulla. Fumava una rachitica sigaretta di tabacco in un torbido pomeriggio di febbraio, erano circa le
quattro, ma solo l’orologio lo affermava.
La sua miopia lo portava spesso a strizzare gli occhi per riuscire a focalizzare meglio quel che gli interessava, cosa che
succedeva di rado visto che al realizzare concretamente le
cose e le persone preferiva ignorarle, e quel suo difetto gli
garbava spesso nei momenti in cui tutto gli passava accanto
veloce e sfumato come un treno.
Si grattava i capelli con le dita con cui reggeva quell’incarto
di setaccio, quando decise di andare a fondo a ciò che sempre rimandava, trascinata nella routine delle cose.
Sin da piccolo fantasticava spesso su una sua teoria, credeva, anzi era convinto, che i suoi occhi, se concentrati su di
un punto, nel momento e nel posto giusto, sarebbero stati in
grado di osservare lo spazio tra lui e una finestra.
Il fumo che si espandeva nel contorno gli fece da guida, il silenzio che percepì sopra migliaia di rumori e voci lontane, lo
constrinse a convincersi a farlo. Sorchiuse gli occhi e guardò, non doveva fare altro che guardare nel mezzo.
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