come un dio e padrone delle proprie percezioni come mai
prima.
I quindici giorni passarono con lentezza esasperante, nei
quali Maher non smise di chiedersi che tipo di esperienza
avesse vissuto, se questa fosse reale o piuttosto un effetto
della strana gemma che aveva messo sulla lingua: era forse
una potente droga in grado di farlo dormire per 24 ore e
di dargli la sensazione di pace e beatitudine che aveva
provato? Aveva esperienza con le droghe, ma nessuna di
esse gli aveva mai fornito quel tipo di effetto, così perfetto.
O forse l’Incubatrice e tutto il resto erano solo circo, uno
specchietto per le allodole per un banale teatrino di realtà
virtuale e lui si era fatto abbindolare, confuso dall’atmosfera
e dall’emozione che era consapevole di provare.
Fu con questi sentimenti che raggiunse la capitale quando
arrivò il giorno stabilito, dubbioso ma voglioso di ritentare.
La procedura fu identica e Maher affrontò con naturalezza il
rituale necessario, utilizzando la misteriosa gemma verde.
La sensazione di piacere al risveglio fu ancora più nitida e
precisa: aveva scelto, stavolta, di essere il protagonista del
suo olofilm preferito e si sforzò di pensare a quello durante
la fase di soddisfazione successiva alla traslazione; cercava di
ricordare l’esperienza artificiale tramite i suoi ricordi della
trama, ma quello che riusciva ad ottenere non lo soddisfaceva.
La sua mente non richiamava particolari nuovi rispetto a
prima della procedura, come avrebbe voluto.
Dopo quella volta, Maher riprovò per molte altre. La
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