Rimase a vagare nell’oblio per un tempo indefinito, quando
riuscì ad aprire gli occhi, lo fece con un’enorme fatica. Era in
una grigia stanza dove l’aria non sapeva di niente, aveva la
bocca amara.
Il fischio continuava imperterrito a picconare il cervello. Si
guardò intorno stranito e più capiva dov’era più si infuriava.
Che cosa orribile e terribile gli è successa, la sua TM si è rotta!
La moltitudine di aghi neurali era ancora infilzata ovunque,
provocandogli una sofferenza infernale.
Dopo molto tempo, riuscì a raccogliere le forze e si mise
seduto. Staccò con cura gli aghi e i tubi delle flebo e quelli per
le secrezioni. Il doverlo fare da solo, l’essere nudo, e ritrovarsi
in un mondo semidimenticato, semiabitato, semivissuto,
mai amato, invece che nel suo lo ferì e lo uccise molto più di
quanto quel Re di dati avesse fatto.
Il sole filtrava debole da un vetro opaco e azzurrino, il soffitto
era pieno zeppo di sfavillanti circuiti, lucidi altoparlanti e fari
neri e morti. Tutto questo serviva a suggestionare la mente
per favorire l’esperienza digitale. La memoria gli lanciò un
ricordo, quello della prima accensione, quando i Tecnici
avevano installato l’apparecchio e prontamente testato: la
macchina generò il fruscio della pioggia estiva,lo stormire
di una tonnellata di luminose foglie, le grida affilate di un
mercato in una città portuale e molto altro.
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