portato fuori dal Centro Dominique.
Avevano preso uno dei taxi azzurro cielo che sostavano
spesso in quella zona che probabilmente, il cielo, l’aveva
visto per l’ultima volta nel 2012, prima dello scoppio della
prima atomica.
A Speranza non aveva mai fatto paura scendere nei
bassifondi, lei era stata una di quelle persone che si era
potuta permettere il vaccino contro la mutazione, così, nel
tempo libero, si immergeva nel buio illuminato dalle luci
tremolanti di vecchie insegne al neon e portava una buona
parola di conforto ed un po’ di viveri a quella povera gente
là sotto.
Lei era la signora Speranza per tutti, anche per i bambini
che giocavano con un vecchio pallone fatto di stracci, che
colpivano con i loro tentacoli scuri che avevano al posto delle
gambe, avanzando lentamente nella sabbia sporca che c’era
nei vicoli al posto dell’asfalto.
Si riscuote da quei pensieri e continua a ricordarsi di lei
e Dominique che risalivano in verticale la linea dritta che
sfrecciava verso l’alto, verso l’aria pulita ed artificiale di
Milano 4, tenendosi la mano. Lei una distinta signora in carne
di cinquantasette anni e lui un eterno ventenne che avrebbe
mantenuto quell’aspetto per sempre.
L’aveva portato lì, proprio in quella stanza e Dominique
le aveva insegnato cosa fosse l’amore, non con il sesso, ma
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