impegni? E non si tratta di impegni di poco conto. C’ è l’ acquisto dagli USA di 750 miliardi di dollari di risorse energetiche( gas, petrolio, ecc.) entro il 2028, e di almeno 40 miliardi di dollari di chip per l’ IA; poi, sempre entro il 2028, le imprese europee dovrebbero investire 600 miliardi di dollari in settori strategici USA; inoltre, i governi europei dovrebbero aumentare sostanziosamente l’ acquisto di attrezzature militari dagli Stati Uniti. E devono rinunciare ad applicare imposte per l’ utilizzo delle reti digitali USA, e, in generale, a introdurre regole e limiti alle piattaforme( Google, Meta ecc.). Infine, il presidente Trump ha incluso anche richieste sulle politiche commerciali UE con paesi terzi, come Cina e India, che intrattengono rapporti economici e strategici con la Russia( p. e. acquisto di petrolio e gas). Un ulteriore elemento di instabilità dipende dal processo di ratifica degli accordi. Dal lato europeo serve l’ approvazione del parlamento europeo, che potrebbe modificare le proposte della Commissione. Dal lato USA l’ incertezza dipende dalle decisioni della Corte Suprema federale sulle obiezioni di alcuni tribunali. Infine, i“ diabolici” dettagli: per esempio, cosa verrà deciso sulle“ regole di origine”, quelle che devono certificare quanta parte del valore aggiunto incorporato nelle merci è stato prodotto all’ interno dell’ area di riferimento, e, quindi, la misura del dazio applicabile. Una materia che potrebbe generare oneri burocratici pesantissimi – pensiamo a filiere particolarmente complesse, come quella dell’ automotive- soprattutto per le piccole e medie imprese.
LE PROSPETTIVE DELL’ EUROPA Sulle prospettive delle imprese europee e italiane nel nuovo quadro delle relazioni commerciali mondiali cerca di fornire alcune indicazioni uno studio del Centro Studi Confindustria( CSC) pubblicato lo scorso ottobre. L’ analisi allarga giustamente lo sguardo oltre i confini dei rapporti UE-USA. Tra i paesi che hanno negoziato accordi tariffari con gli USA, l’ Unione Europea – nota il CSC- ha ottenuto condizioni relativamente benevole, con dazi al 15 %, insieme a Giappone e Corea del Sud. Solo il Regno Unito ha ottenuto condizioni migliori, dazi al 10 % per gran parte dei prodotti, compresi gli autoveicoli, e al 25 % per acciaio e alluminio. Molto peggio è andata a molti paesi emergenti asiatici come Indonesia, Thailandia, Filippine, Malesia( al 19 %), Vietnam e Taiwan( al 20 %). La Cina, in attesa di un nuovo accordo, subisce dazi del 54 %. La Svizzera è colpita da dazi del 39 %. Per altri paesi, tra i quali Argentina, Australia, Egitto, Marocco, Singapore, Ucraina, i dazi base sono al 10 %.
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