Rivista Cultura Oltre 7^ e 8^ numero - LUGLIO - AGOSTO 2018 rivista-cultura-oltre LUGLIO AGOSTO 2018 | Page 7
quando preferivo di gran lunga rimanere a casa a leggere o a studiare gli esercizi al
pianoforte, anziché addobbarmi e andare su e giù tra luminarie e bancarelle. Facevo
eccezione solo quando mio padre, timidamente ma con grande rispetto, mi chiedeva di
accompagnarlo ad ascoltare la banda, amando commentare con me, che studiavo
musica, le esibizioni dei musicisti impegnati in arie d’opera celebri e di grande
bellezza. Le note della “Lucia di Lamermoor” o di “Casta Diva” che si innalzavano
dal coro di ottoni, raggiungendo un cielo di stelle nella sera di luglio, valevano tutto lo
sforzo di affrontare il frastuono della festa e mi procuravano emozioni indescrivibili.
Il viso di mio padre che si beava di melodie stupende e che assaporava l’atmosfera di
pace che solo chi ama la musica può comprendere è ancora nel mio ricordo, vivo,
attuale. Le arie immortali, anche se a volte eseguite con un tempo incerto, anche se a
volte adattate per trascrizioni ardite, sono armonie che si traducono in suggestioni
talmente grandi da procurarmi ancora oggi un’emozione forte. O forse, a pensarci
bene, l’espressione estasiata di mio padre che mi stringeva la mano, cercando di
trasmettermi le sue sensazioni, era la mia fonte di commozione più grande e assoluta.
Oggi non riesco più ad ascoltare una banda che suona. Anche la festa non è più una
semplice ricorrenza di una tradizione che si perpetua nel tempo, ma il ripercorrere
momenti della mia vita che esistono solo nei miei ricordi. Tante sono le cose che hanno
subito trasformazioni, a cominciare dalle nostre vite che hanno percorso, nel frattempo,
tanta strada perdendo nel cammino pezzi di cuore, di anima, di affetti per ritrovarsi
inariditi per le lacrime versate!
L’aria di festa è intrisa di nostalgiche reminiscenze e una cassarmonica, issata nella
piazza del paese, da tempo non è più sinonimo di festa, ma assume la sembianza di
triste simulacro di un’assenza brutale, sconvolgente, inevitabile. Una mancanza di una
pienezza esistita che non si è esaurita col tempo. Rivive una stanca atmosfera di vuoto,
benché le luminarie illuminino le vie di un paese distante dal mio orizzonte, perché mi
sforzo di non vederlo, perché mi impongo di non accorgermi che è svuotato dei miei
anni, delle persone care, dei miei gesti consueti.
Oggi la festa patronale è solo la festa dei ricordi e i ricordi, si sa, non sono sempre
piacevoli, non sono sempre confortanti.
A volte fanno male.
Maria Rosaria Teni
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