“ Giorno d ’ estate ” di Marco Antonio Romano
“ Giorno d ’ estate ” di Marco Antonio Romano
Propongo per la rubrica “ IL TUO RACCONTO ” un testo di grande profondità e ricchezza che mi è stato gentilmente segnalato da Patrizia Persico , una cara collaboratrice della nostra rivista che stimo e che ritengo degna della massima considerazione . Lieta di ospitare Marco Antonio Romano e il suo racconto breve “ Giorno d ’ estate ”, ringrazio sia l ’ autore che Patrizia per averci regalato questa splendida opportunità . Buona lettura !
« Questa mattina , aprendo Facebook , mi sono imbattuta in un post . Fin dalle prime parole , mi ha colpito . La dura legge del social e del numero massimo di battute , lo aveva celato dietro i tre famosi puntini di sospensione . La mia curiosità , l ’ attesa , l ’ idea che andando fino in fondo avrei provato meravigliose sensazioni di leggerezza o , al contrario , di tumulto è stato un attimo ! L ’ attimo del “ touch ” che scopre i pensieri nascosti . Ho letto d ’ un fiato perché ero là , quella ero io eppure non potevo essere io . Grazie Marco Antonio Romano per il tuo testo . Semplice , intimo , da esso emerge una sensibilità profonda . Nel rapporto ambiguo di attrazione-repulsione col mare c ’ è tutta l ’ indecisione della vita . Meglio lasciarsi trascinare dalle onde , accettando il rischio o rimanere inermi sulla battigia ? È la vita che oscilla tra queste due sensazioni , la scelta spetta a quella parte di noi che , in un preciso momento , prevale sull ’ altra ; tuttavia seguire l ’ istinto può portarci attimi indimenticabili .»
a cura di Patrizia Persico
“ Giorno d ’ estate di molti anni fa . Io , ragazzotto preadolescente allevato a libri e girelle motta , fino ad averne la forma , e allenato alla bella scrittura ma poco esperto di cose della vita , sarò bravo a parlare forbito e a spalmare concetti precocemente adulti ma senza nessuna virtù mondana , piccolo . Istantanea : bambolotto ncicciato “ perso dietro le nuvole e la poesia ”. Mi ritrovo in questo giorno d ’ estate a fare il bagno a mare in un posto per me insolito , sempre scansato in ragione di quell ’ anacronistico , misantropico desiderio di solitudine che mio malgrado coltivo ancora oggi . Tutti i miei amici , per altri versi più fortunati di me ad avere imparato presto a stare nel mondo , agiscono , semplicemente . Magari senza alcuna coscienza , o eleganza , senza sensibilità o poesia , ma sticazzi , vivono il mondo come casa loro . Mi ritrovo così non so nemmeno io come su un piccolo costone sotto il ponte del Ciolo , sul ciglio dello scoglio , alle prese con il problema del tuffarmi o no . Basterebbe uno slancio , un passo oltre sarei nel vuoto , e poi in acqua . In alto , oltre il ponte , giovanotti già ventenni si tuffano dal cielo . Io ho perfetta coscienza di me , mentre sto lì , in stallo , a guardare i pochi metri che mi dividono dall ’ acqua . E so di non saper scegliere . Non trovo il coraggio di tuffarmi , non so fidarmi dell ’ acqua , o di me . Ho paura . Resto lì per un tempo interminabile , o così sembra alla mia coscienza , mentre i miei amici li guardo e sono formiche , salgono e scendono , vanno al largo , negli anfratti , giocano come bambini . E in quel segmento di vita compressa ho chiara la sensazione che potrei stare anche per ore lì , a riflettere su cosa fare , senza vivere . Lasciarmi andare all ’ acqua lo ricordo come una liberazione , come un ’ esplosione di paura e gioia , e poi l ’ acqua mi accoglie , l ’ impatto è dolce e sento , appena sotto l ’ acqua , in mezzo alle bolle che mi accompagnano nella risalita , che non è così enorme come sembrava , l ’ impresa . Anzi che era una cazzata . Che quella culla senza braccia anzi me la volevo concedere subito un ’ altra volta , e intanto qualcosa si scioglieva dentro di me . E montava una sensazione di forza . È stato così che ho giurato da allora a me stesso di non concedermi mai più troppo tempo , troppi
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