Rivista Cultura Oltre 7^ e 8^ numero - LUGLIO - AGOSTO 2018 rivista-cultura-oltre LUGLIO AGOSTO 2018 | Page 22
e il contenuto delle ansie «τας μερίμνας». Mentre secondo Eraclito la “Cura” è il
concetto di partecipazione. [3]
Aristotele stabilisce tra la phronesis, e il paronimo, legame che assume senso soltanto
se l’uomo dal giudizio saggio determina nello stesso tempo, la regola e il caso,
cogliendo la situazione nella sua piena singolarità. Aristotele non esita nell’accostare
la singolarità della scelta secondo la phronesis a ciò che percezione «aisthesis» è nella
dimensione teoretica. La “Cura di sé” finalmente che cosa è? Un’etica? Una
pedagogia? Un’arte della vita? Un’ingiunzione di diventare ciò che si è?
Francesca Caputo scrive: “Pedagogicamente parlando, la cura documenta, invece,
una semantica molto più articolata e ricca che ha probabilmente origini pre-
ontologiche e che la collocano, quindi, nel fatto che l’essere umano non è solo nel
mondo, ma di quest’ultimo è parte e partecipe consapevole. Questo senso semantico
pre-ontologico è da recuperare, come le analisi abbozzate qui documentano, in
quanto la
cura
non è solo
sapere su se stessi,
ma la
conditio
sine
qua non dell’abitabilit à nell’umanità del mondo. Se l’umanità dell’umano non è solo
conoscenza di sé e del mondo, ma anche azione e interazione dell’uomo con se stesso
e
col
mondo,
la
cura
è
allora
quell’elemento
fondante
che guida e costituisce i rapporti umanamente possibili anche e soprattutto nella
loro dimensione normativo-interrelazionale. La cura diventa così non solo
conoscenza, ma anche preoccupazione per l’altro. Quell’altro che sarà
quell’irriducibile che è e che la cura aiuta a essere. Quell’irriducibile che sono Io e
che è ogni Altro, per cui il prendersi cura è atto continuo e reciproco d’interrelazione
e non di esclusione. In definitiva, la cura pedagogica come relazione d’aiuto non è un
percorso riservato a una categoria particolare di educandi, piuttosto il sostrato
comune di ogni educazione. Ogni educando si avvale di questo sostrato e
ogni educazione si struttura all’interno di questa semantica della cura
come rapporto vissuto, rapporto da sperimentare, rapporto all’interno del
quale l’educando sperimenta se stesso nella relazione con l’altro o nella cura
reciproca che poi non è altro che il fine di ogni educazione: essere se stessi
nell’armonia con l’Altro in un rapporto di corresponsabilità e di amore reciproco per
noi stessi e il mondo di cui siamo parte e a cui dobbiamo la nostra possibilità di
esistenza”.
Nietzsche
Nella cultura greca antica la “Cura” è una categoria estetica
(aistetike da aistesis) che diventa una dottrina della
conoscenza sensibile, mentre nella cultura Occidentale la
“Cura” diventa, un’estrema riserva del proprio della cosa, un supplemento d’anima, e
anche un’immanenza senza immediatezza. Perché le cose secondo Nietzsche non
divengono oggetto di una rappresentazione per un soggetto, nè suscettibili di una
comparabilità.
Note:
[1] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi, Milano, 1976, p.247
[2] Το μεν γάρ φιλείν, ενέργεια τις ηδονής και αγαθόν, από δε του φιλείσθαι ουδεμία τω
φιλουμένω ενέργεια γίνεται.
[3]«διὸ καθ᾿ ὅ τι ἃν αὐτοῦ τῆς μνήμης κοινωνήσωμεν, ἀληθεύομεν, ἃ δ᾿ ἃν ἰδιάσωμεν,
ψευδόμεθα» (Testimonia, ἀπόσπ. 16, 37-38).
- Dalla mia proposta in convegno a Parigi, con titolo «La consulenza filosofica oggi».
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