Rivista Cultura Oltre 7^ e 8^ numero - LUGLIO - AGOSTO 2018 rivista-cultura-oltre LUGLIO AGOSTO 2018 | Page 12
gusto (il film visivamente è molto bello); non fa un cinema pariolicentrico (e già solo
questo…), non è spocchioso, vuole bene ai suoi personaggi e si respira, soprattutto nel
bel finale misticheggiante, un’empatia che non scade mai nel paraculismo di un Virzì
(la cena fighetta con sdoganamento heideggeriano del GF in “Tutta la vita davanti” era
una cosa da prendere i forconi). Soprattutto ha un paio di buone idee, che forse non
sfrutta fino in fondo, ma ci sono.
Jeremy Bentham
Il Grande Fratello oggi non è semplicemente un format
televisivo di successo, piuttosto sta diventando il nostro nuovo
modello sociale, in base al quale si sta riconfigurando tutta la
nostra società (i matrimoni-spettacolo con fondali di cartapesta
nella scena iniziale) e il delirio paranoide del protagonista è
semplicemente la dimostrazione di come la realtà sia stata
inglobata all’interno della surrealtà paradossale governata da
questa sorta di overlook orwelliano. Al punto che, convintosi
di essere spiato, il protagonista cercherà di regolare il suo
comportamento sulla base di questa convinzione, dando ragione alle teorie di
Bentham. Anche i continui paragoni con la religione hanno un senso preciso: religione
e Grande Fratello sono entrambi sistemi di controllo sociale percepiti dalle masse come
onnipotenti, ma il primo centralizzato e verticale (“ricordati che Dio ti vede da lassù”)
il secondo invece diffuso e orizzontale: oggi chiunque può essere il tuo controllore
(“la dittatura del mi piace”, vero Akab ?). Garrone ci prova insomma a raccontarci
qualcosa di dove siamo e dove stiamo andando, e se la cava meglio del più superficiale
Social Network di Fincher-Sorkin. In fondo si ritorna sempre a Videodrome : “è la
televisione la realtà, e la realtà è meno della televisione”.» (scrive Emanuele Messina
venerdì 5 ottobre 2012). Panopticon consentiva una costante osservazione
caratterizzata dalla “veduta diseguale”. Infatti, forse la più importante caratteristica del
Panopticon risiedeva nella progettazione costruttiva grazie alla quale il recluso non
poteva mai sapere quando (e se) effettivamente era sorvegliato In tale modo, per
l’appunto, la “veduta diseguale” determinava l’interiorizzazione dell’individualità
disciplinare, ed il corpo docile richiesto per gli internati.Ciò significa che si è meno
indotti a trasgredire leggi o regole se si crede di essere osservati, anche quando in realtà
la sorveglianza non è (momentaneamente) praticata. Pertanto, la prigione, specie se
ricalca il paradigma del Panopticon , offre la forma ideale di punizione
moderna. Secondo Foucault, questo è il motivo per cui la punizione generalizzata,
“gentile”, delle catene di forzati ha comunque dovuto cedere il passo al carcere.
Quest’ultimo era la modernizzazione ideale della punizione, ed era quindi naturale che
alla lunga prevalesse. Fornita la dimostrazione logica del trionfo della prigione sulle
altre forme punitive, Foucault dedica il resto del suo libro all’esame preciso della sua
forma e funzione nella nostra società, per porre a nudo le ragioni del suo uso
continuato, e per analizzare i supposti effetti di tale impiego. Lo spettacolo diventa
prigione, perché il mondo è una prigione e tutto è illusione. Viviamo in epoca che lo
spazio privato non c’importa più nulla, perché non ci serve lo spazio privato, e questo
perché non abbiamo più nulla da nascondere. Con altre parole, possiamo dire che
abbiamo passato dalla società dello spettacolo allo spettacolo della forca.
Apostolos Apostolou
Docente di Filosofia.
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