Statello ci presenta una nuova traduzione dei testi poetici di de Melo già noti in italiano. Ora si sa che quando si traducono poeti il traduttore deve per forza tradire l’ autore, anche se è nelle sue migliori intenzioni fare del suo meglio. La scelta di quali parti tradire è del traduttore al quale nulla si può prescrivere: rispetterà il contenuto? rispetterà le rime che congiurano contro il contenuto che si vuole esprimere, diventando esse stesse contenuto? rispetterà la lunghezza del verso? l’ intreccio metaforico? Statello non è sfuggito a questi problemi, anzi si è misurato con essi. Ma il pezzo forte in questo lavoro di Statello è la traduzione della tragedia Castro di António Ferreira. La tragedia di António Ferreira, è stato opportunamente sottolineato, è la prima tragedia europea in una lingua volgare che tratti un argomento storico e non mitico; e questo depone a favore della sostanza culturale di quel paese geograficamente ai confini dell’ Europa. Gli ingredienti per la confezione di un classico dominato da Eros e Thanatos ci sono: amor sacro e amor profano, amore contrastato, differenze di ceto sociale, contrasto tra padre e figlio, contrasto tra principe e corte, presenza di cortigiani maligni, e, soprattutto, sentimenti personali sacrificati alla Ragion di stato. Ferreira è stato soprannominato l’ Euripide portoghese. L’ impianto della sua tragedia è classico. I personaggi in scena quasi sempre sono due più il Coro. La funzione corale ricalca quella greco-classica, cioè commentare gli eventi ed esprimere lamenti, sentenze, premonizioni. Forte è il peso del fato chiamato indifferentemente fortuna, stella, pianeta, destino. Non mancano lunghe narrazioni di eventi, e domande e risposte in versi dicotomici. Ma in quest’ otre vecchio è versato vino nuovo; è impressionante, infatti, l’ elaborazione teorica sottesa alla tragedia. Se su Donna Inês il destino si abbatte travolgendo l’ articolazione dei suoi sentimenti materni, di donna innamorata, di persona innocente che crede di non meritare la morte, troviamo, invece, presente una articolazione a mo’ di duplice escalation nelle parole dei personaggi-Consiglieri e del personaggio-Re per quanto riguarda la Ragion di Stato in nome della quale la donna viene condannata a morte. Insinuanti per natura, i consiglieri dapprima chiedono al Re di « spezzare la forza del sangue [ nei confronti del figlio ] e l’ amor proprio »( p. 61), poi affermano che « Finché c’ è l’ occasione dura il peccato »( p. 62), poi dichiarano « Muoia questa donna »( p. 62), poi consigliano « Tu puoi ordinare di uccidere molti ma per giusta causa »( p. 63), poi sostengono che « Il bene comune, Signore, è così grande da giustificare opere dubbie »( p. 63), poi ricordano al Re che vanno bene innocenti morti se « Dio lo vuole »( p. 65), infine teorizzano che uccidere una innocente « Non è male: poiché il fine lo giustifica »( p. 65). E siamo a Machiavelli. Il Principe era stato scritto da un pezzo, e António Ferreira lo conosceva. Anche il Re conosce una propria escalation che lo porta dalla condizione di lamento, per il proprio destino di padre ferito, alla titubanza: « Perché deve morire?», chiede( p. 62), a quella che si suol chiamare posizione pilatesca: « La parte che mi compete, la rimetto tutta a voi »( p. 68), alla deresponsabilizzazione civile e religiosa: « L’ inganno se è vostro su di voi ricada »( p. 69), fino e alla degradazione di una morale filistea: « Andate a preparare. In voi mi salvo »( p. 69).
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