4:48 Psychosis
Una tra le opere più difficili di Sarah Kane, 4:48 Psychosis,
ambientata in un luogo d’elezione. Serata-evento all’ex ospedale
psichiatrico di Santa Maria della Pietà a Roma.
La folla di pubblico accorsa all’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria della
Pietà a Roma viene guidata al buio, con torce e candele, per un breve tratto
del parco del complesso fino all’ingresso del dimesso padiglione 31.
Quello che una volta era un luogo di detenzione e di esclusione si
trasforma, per questa serata, in uno spazio di libertà e di
comprensione: attraverso il corpo e l’interpretazione di una
viscerale e incredibile Elena Arvigo, il testo di 4:48 Psychosis
firmato da Sarah Kane si mostra in tutta la sua potenza a una platea
immobile e ammutolita che riesce a toccare con mano sentimenti,
angosce e paure – troppo spesso banalizzate, forse per esorcismo,
nella vita quotidiana.
Il testo della Kane è frammentato, confuso, cronologicamente disparato e,
per la sua stessa struttura, ogni volta che viene portato in scena può essere
smontato e rimontato dall’interprete, che ha dunque quasi il totale controllo
di un lungo monologo – autentico flusso di coscienza. Il carico emotivo
dell’opera è immenso e sapere che fu scritta dalla Kane poco prima che si
suicidasse rende ancora più opprimente e attanagliante il senso di costrizione
e, al contempo, di liberazione che pervade, nella sua paradossalità, tutta la
fruizione della rappresentazione.
La Arvigo è autrice di una performance fisica indimenticabile che
trascina e che cattura lo sguardo, lasciando che il pensiero si perda
senza seguire necessariamente in maniera pedissequa il testo
teatrale, ma permettendo piuttosto che ne sopravviva un’immagine,
l’essenza: una riflessione multiforme sull’amore e sulla follia, sul
senso di colpa, sul desiderio e sul bisogno.
Una riflessione sicuramente venata di nero e di oppressione, se
contestualizzata, ma anche e soprattutto una riflessione che apre il cuore di
ogni essere umano a verità e coscienze sfuggenti eppure quasi oggettive,
indiscutibili: al punto che, quando si riesce a fermare il pensiero dal rincorrere
le parole della Kane, non si può rifiutare un minimo di immedesimazione in
quanto sentito, pur sapendo che si tratta di parole di una persona
considerata “differente”.