'4:48 PSYCHOSIS' CON ELENA ARVIGO AL
TEATROINSCATOLA [RM]
Esperienza teatrale da non perdere.
Potesse anche solo per cinque minuti una persona normale, con una vita normale,
immerso nei suoi normali problemi, vivere l’oscurità della depressione e poi tornare in
sé, forse, comprenderebbe la minaccia mortale insita in questa deviazione. Parliamo di
deviazione, dirottamento, dal flusso delle esperienze empiriche ed emozionali che in
qualche modo controlliamo o abbiamo l’illusione di controllare. Lo spettacolo “4:48
Psychosis” con Elena Arvigo per la regia di Valentina Calvani in scena fino al 22
maggio, presso il Teatroinscatola [Lungotevere degli artigiani, 14 RM] è la
rappresentazione del testo di Sarah Kane, morta suicida pocotempo dopo la
pubblicazione di questo monologo, o simil tale. Elena si presenta in scena con una
sottoveste rossa, colore del sangue e due occhi spalancati sul delirio dell’anima sua,
persa per lucidità estrema; esattamente il contrario di quello che si immagina la gente
comune, quando pensa allo stato d’animo di un depresso. La prima domanda, che
arriva al pubblico come un colpo di pistola sparato a bruciapelo è “Può una persona
nascere in un corpo sbagliato?” e a seguire l’ulteriore dubbio esistenziale, “Può venire
al mondo durante un epoca storica non appropriata,non sua?”. Un trionfo
dell’inadeguatezza, percepita,riconosciuta, resa reale dalla sensibilità estrema che si
materializza nello scontro con la propria fisicità, fino a raggiungere la consapevolezza
che forse l’unico rimedio possibile per smettere di soffrire, è mettere un punto, decisivo,
finale a questa vita. Come un fiume scende velocemente a valle, il flusso di pensieri
della protagonista, la quale, si muove in uno scenario fatto di terra sparsa, di cornici
pendenti e di pezzi di specchi, simbologia di un caos interiore proprio del conflitto tra
l’essere, il sentire e l’apparire. Un’anima che rinnega il corpo e decide di voltargli le
spalle alle 4 e 48 di quella notte quando il suo picco di lucidità le consentirà di cambiare
la sua condizione. L’abbandono come sconfitta, come punto di arrivo,accompagnato da
tutte le recriminazioni rivolte a se stessi, quasi ad individuare le tappe del viaggio che ha
condotto alla fine. Eppure l’abbandono è la chiave di volta della condizione, della
maattia nota come depressione.Solo abbandonandosi all’accaduto e all’insieme di
eventi che hanno contribuito a generare la disperazione, si può trovare la forza per una
rinnovata progettualità, solo che non è per nulla facile rimettersi in gioco, rialzarsi e
rischiare ancora molto; più immediato uccidersi e abbandonare la vita, non la causa del
devastante disagio interiore. Suggestive le musiche di Susanna Stivali che
accompagnano lo sfogo della Kane, rendendo ancora più emozionante e sconvolgente
l’esperienza teatrale, per un risultato finale, davvero, da non perdere. (Stefano Accetta )