4.48 Psychosis
Una grande versione dell'ultimo testo della Kane, libera di ogni
suppellettile retorico, che restituisce la piena forza del testo.
Esistono opere danzanti in spazi scontornati, dove la personalità di un autore,
l'albedo più intimo che lui non conosce, che nessuno conosce, si mischia e
confonde e si regala e si rivela, nel coraggio di una pazzia, nel dolore della
sincerità.
È una fortuna per il teatro del nostro paese che attrici come Elena
Arvigo abbiano l'energia e la tecnica per affrontare un'impresa come
Psicosi delle 4:48. Fin dall'inizio della messa in scena, la Arvigo
riesce a entrare nella stretta individualità della voce testuale: cerca
il pubblico con lo sguardo, parlando da persona a persona, senza
gonfiare il personaggio di drammaticità lontana.
Sarah Kane ha deciso di abitare il non abitabile: l'ha fatto fino in fondo,
coerente e trasparente, fino alla notte in cui ha voluto calarsi. Psicosi delle
4:48 è una gemma terribile, un testo così paradossalmente vivo da essere
difficile da rappresentare.
Cos'è che distingue la Kane da Easton Ellis, Palahniuk e i tanti altri aedi
dell'allucinata violenza che la letteratura americana, in particolare, ci
propone? È semplice: l