Rassegna Stampa 4-48 PSYCHOSIS di S- KANE(ARVIGO CALVANI)doc07-03-2014-2.pdf Apr. 2014 | Page 21

cultura della responsabilità verso la diversità e la volontà di mostrarla perché si conosca e si possa rispettare come fanno i grandi artisti, fotografi che lavorano sulle tante diversità e fragilità umane». Quando Valentina Calvani, alla sua prima regia, le propose questo testo, Elena Arvigo era già un giovane talento riconosciuto che aveva lavorato con vari registi italiani e stranieri come Enrico D'amato, Valerio Binasco, Luca Ronconi, Eimuntas Nekrosius, Luca Zingaretti. Come mai hai accettato la sfida, considerato che il testo non ti piaceva neppure tanto? «Ero in un momento particolare della mia carriera, co tournée lunghissime, all'interno di grandi progetti di produzione, poco autoriali, in cui ero un po' trascinata via. Qui invece mi si proponeva di lavorare in un teatro piccolissimo: Teatro Argò di Roma. Di fronte a 40 persone, con meno protezione, a contatto diretto con il pubblico, fuori dai canali istituzionali in cui mi ero mossa fino a quel momento». Che cosa rappresenta per te oggi 4:48 Psychosis? «È un testo catartico, come tutto il grande teatro, dove puoi rigenerarti, dove devi fare una capriola. Non è un testo triste è unn testo che chiede di rimettersi in gioco. C'è una bellissima battuta che la dice lunga sulla difficoltà e la natura profonda di questo testo: Nessun suicida ha mai avuto voglia di morire, interpretare questa battuta è un'acrobazia. E poi bisogna levarsi l'idea che sia un testo sulla follia, chi si toglie la vita non è un pazzo, sarebbe troppo comoda come lettura. In realtà chi si toglie la vita spesso lo fa perché i suoi sensi sono annebiati dai farmaci e qui entriamo anche nella biografia della drammaturga che si è tolta la vita proprio nel momento di fragilità più alta, sotto psicofarmaci. La sua famiglia è ancora in causa con l'ospedale». Parlando di grandi maestri e guide Elena racconta del suo incontro con Strehler: «ci sono incontri di cui quasi non ti accorgi e sono i migliori. Io che non ho inziato con il fuoco sacro del teatro, non mi vergogno a dire che quando sono arrivata all'Accademia del Piccolo neanche sapevo chi fosse veramente Strehler». Poi Carmelo Bene. «Lui ci insulatava e ci continuava a dire andatevene, avete vent'anni andate per il mondo e vivete. E così ho lasciato il suo seminario dopo pochi giorni. Mi resta però la sua personalità su cui riflettere e alcune sue idee forti». E Ronconi? «Non lo amo molto. Per lui il teatro è un atto di pensiero e non c'è spazio per le emozioni. Certo, è un grande maestro, però credo che ognuno di noi a un certo punto si scelga i propri maestri». L'incontro con Jan Fabre invece è stato folgorante: «Inaspettato, direi. Lui ha il passo del grande maestro, è un filosofo, alla base del suo lavoro c'è sempre un grande pensiero e i suoi attori, come li definisce lui stesso, devono essere guerrieri della bellezza. Lui lavora sulla resistenza, anche fisica del corpo. Studiare con lui mi è piaciuto molto, ma non credo che sarei adatta a lavorarci, non sarei in grado di sostenere un suo spettacolo. Fabre ti fa vedere il punto di vista fuori dall'ordinario in un percorso di studio e ricerca che ha una caratura vera e non ci sono elementi appiccicati per accaparrarsi pubblico. Il suo è un discorso profondo e reale». E in futuro? «Finché ne avrò necessità il teatro ci sarà, ma non è un percorso obbligato. Sto lavorando ad una nuova autoproduzione ed è sempre più difficile. Uno spettacolo incentrato sulla figura dell'ebrea olandese Etty Hillesum, si chiamerà 'La resistenza del pensiero'. Quest'anno ricorre il centenario dalla nascita e 70 dalla morte ad Auschwitz. Una donna straordinaria, che ha continuato a pensare e a cercare la sua indipendenza e automia di pensiero nonostante quanto le succedeva intorno. Sto lavorando al testo con Monica Bellardinelli e ci piacerebbe trovare collaborazioni, perché scegliere questo percorso di autonomia autoriale, lontano dalle grandi produzioni, porta le sue conseguenze, e economicamente è sempre meno facile». Laura Santini