4:48 Psychosis Recensione di Enrico Benedetti
È un odore di chiuso, umido e quasi soffocante lʼelemento che arriva per primo: non si
intuisce bene cosa possa essere. Nel percorrere il breve corridoio del teatro, costipato
di foto di scena strappate, e che funge da anticamera alla sala, quellʼodore ci avvolge; e
quando ci si accomoda ognuno al proprio posto e si accendono le luci, si scopre
lentamente che quella sensazione odorata proviene dalla terra diffusa e seminata su
tutto il pavimento.
Lʼintensa Elena Arvigo interpreta lʼultimo testo teatrale scritto da Sarah Kane.
Unʼopera da considerare come un testamento, dal momento che venne completata
poco prima del suo suicidio e venne rappresentata per la prima volta un anno dopo la
sua morte, avvenuta nel 1999. Sarah Kane è stata autrice di numerosi testi teatrali, che
per la maggior parte vennero etichettati come controversi per i temi trattati: lo stupro,
il cannibalismo, le malattie e la depressione con la quale lʼautrice combatté per gran
parte della sua vita.
4:48 Psychosis non è dunque un testo né semplice né facilmente interpretabile e
soprattutto è anche un testo inconsueto per una rappresentazione dal momento che
non contiene espliciti personaggi o indicazioni di scena. Tuttavia, la rappresentazione
portata in scena al Teatro dei Conciatori è un vero tributo a favore del significato
implicito dellʼopera.
La bellissima voce di Elena Arvigo, a tratti con tonalità basse e inquietanti e a tratti
con urla o ritmi veloci e serrati, imprigiona lo spettatore in una gabbia da cui non può
uscire: è necessario ascoltare questo testo delirante per esserne impauriti allʼinizio,
assorbirlo nel suo svolgersi ed infine per rendersi conto dellʼintimità, della fragilità e
dellʼamore con cui è stato scritto.