Rapporto origini e garanzie materie prime VERSIONE DI SINTESI | Page 7

7 semplice –, incrementare le superfici agricole in produzione – pochi Paesi, forse solo la Russia e in parte il Brasile, possono permettersi un significativo aumento degli ettari coltivati, senza incidere eccessivamente su un ambiente fin troppo sfruttato –, trovare rivoluzionarie innovazioni – frutto di tecnologie spesso poco accettate o ancora non del tutto sicure –. A ciò si aggiunge il fatto che di frequente le regole imposte da legislazioni comunitarie e mondiali limitano nel concreto lo sviluppo di determinate colture o l’incremento di altre. Wto (l’organizzazione mondiale del commercio) e Pac (la politica agricola comunitaria), pur con sostanziali differenze strutturali, sono il classico esempio di impianti normativi direttamente o indirettamente vincolanti l’una o l’altra produzione. E, per scendere nel pratico, il caso dello zucchero e della quasi totale scomparsa della filiera saccarifera e della barbabietola in Italia, rappresenta il frutto di decisioni politiche ed equilibri negli scambi internazionali definiti pressoché esclusivamente ai tavoli di Bruxelles. In ogni caso, da qualunque parte la si veda, appare evidente quanto sia e sarà strategico il controllo delle materie prime. Anche per questo motivo si è pensato a un rapporto ad hoc. Senza pretese di esaustività, l’obiettivo è quello di definire il quadro di riferimento nel quale si è mossa e si muove l’agricoltura italiana, strettamente correlata alle materie prime. Settore agricolo spesso compresso dalle scelte comunitarie e alle prese con atavici problemi interni, primo fra tutti quello della frammentarietà e della dimensione aziendale media, ancora oggi fer- ma a meno di 8 ettari (il dato recente – luglio 2011 – relativo all’ultimo censimento parla di 7,9 ettari medi e di circa 1.650.000 aziende agricole e zootecniche). Il settore, tuttavia, rimane vivo e in grado di produrre fino ad arrivare all’autosufficienza in alcuni comparti. Le materie prime diventano così le fondamenta delle politiche di sviluppo e valorizzazione delle filiere nazionali. Vanno rimarcati casi virtuosi come quelli dell’ortofrutta, delle carni avicole e anche del latte fresco per il consumo quotidiano dove la produzione nazionale è larg amente autosufficiente. Ma per diversi altri comparti il grado di autoapprovvigionamento è ben lontano e non appare nemmeno raggiungibile. Cereali, semi oleosi, carne suina, pesce, oggi – purtroppo – anche lo zucchero: tutte materie prime di cui l’Italia è carente e, dunque, da importare. Anche perché se il prezzo non è esaltante, non è semplice convincere gli agricoltori a coltivare, ad esempio, più frumento. Il mercato guida le scelte imprenditoriali. Ma sul mercato la pressione dell’estero è forte. Sono molti i Paesi che spingono per far entrare le loro merci. E, al di là della legge non scritta del rapporto qualità/prezzo, l’unica barriera diventa quella dei controlli. Nonostante le tante paure dei consumatori e scandali alimentari più o meno ricorrenti – per la verità il più delle volte partiti da lidi non nostrani – l’Italia vanta un sistema nazionale di controllo di buon livello. Al quale se ne aggiungono altri di spessore analogo, se non migliore. Ad esempio, per molte catene di supermercati – tra cui certamente spicca per risorse investite e tradizione la Coop – è oltremodo significativa la fitta rete di controlli e garanzie che esse realizzano a garanzia del consumatore. Il cento per cento di sicurezza appare un ‘fantaobiettivo’, ma già oggi sul fronte del controllo delle materie prime i passi avanti effettuati sono stati davvero notevoli.