Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 23

ma anche in Chiari e Vigevano)… “Questa pianta ad avvolgimento –caratterizzata da strade anulari e radiali derivata da un centro d’attrazione che può trovarsi sulla sommità di una collina oppure in piano - trova riscontri nei grossi centri compatti della Puglia, quali Cerignola, Andria, Bitonto ecc)". Reperti archeologici (se non teniamo conto di una moneta d'oro del II sec d.C. trovata nel 1939 in un campo a un chilometro circa in linea d'aria a sud-est della Chiesa, e prontamente ghermita e fatta sparire da un miste- rioso collezionista privato) non ne sono mai affiorati da questa terra che certamente ne nasconde non pochi nel suo impenetrabile silenzio, favorito più che dall'avidità della gente, dalla diffusa insipienza e trascuratezza per ciò che non rivesta un interesse meramente speculativo. Appare infatti superfluo ipotiz- zare che, dove si vantano i segni di una civiltà preromana, non si debbano trovare anche testimonianze concrete della presenza di Roma, comparse per altro numerose nel raggio di meno di due chilometri nelle vicine località. Oppure - dato che la Storia non può fare a meno di documenti inoppugnabili - non resta altro da pensare che il territorio circostante al centro abitato fosse ancora invaso da paludi e acquitrini, attraversati soltanto da precarie vie di collegamento, atte ad unire Rivolta con Cassano a nord, con Arzago a est e col territorio lodigiano e cremasco a sud. A ovest c'era il fiume: in mancanza di ponti, il collega- mento era tenuto con le imbarcazioni, o con rudimentali traghetti. Superato l'Adda, la costa al di là andava elevandosi, e dalla zona dove oggi si trovano i ruderi del Torrettone il cammino era facile verso occiden- te, su quel tracciato che da Truccazzano va a Liscate e a Limito e che ha da tempi immemorabili il nome di strada Rivoltana, e portava direttamente a Milano, entrandovi per quel rione che porta il nome di Mon- forte e conduce a San Babila e quindi al centro della città. Roma intanto andava, sviluppando la sua grande conquista che la portava ai tempi di Augusto ad essere il simbolo del mondo occidentale, l'impero, i cui confini abbracciavano l'Europa mediterranea e atlantica, l'Africa settentrionale e le regioni costiere del Medio Oriente; nel 117 d.C., alla morte di Traiano, l'impero raggiungeva la massima estensione, col possesso anche della Britannia, della Dacia e di tutto il Medio Oriente, fino al Caucaso a nord e il Golfo Persico a est. Il grande impero, alla vigilia del suo declino, aveva orgogliosamente imposto al mondo la sua superiorità militare politica e civile, spingendo le sue legioni fino alle terre più fredde e inospitali, dove la notte non cedeva mai alla luce del giorno, e fino ai deserti più infuocati, dove solo le belve più feroci potevano sopravvivere: "hic sunt leones", dicevano le carte geografiche del tempo ("qui ci vivono soltanto i leoni"). Poi, nel giro di due secoli e mezzo, l'impero romano si frantumò, e dell'antica potenza non rimase che un grande mosaico di regni barbarici, i quali sopravvissero solo perché di Roma poterono assorbire in parte la grande eredità morale e civile. Le ragioni per cui l'impero romano d'occidente fu travolto quasi senza resistenza dalle migrazioni dei popoli asiatici e germanici furono molte e non tutte ancora ben individuate dagli storici, che per secoli si sono dedicati e si dedicano ancora appassionatamente a cercare la soluzione di questi drammatici interro- gativi. Fu colpa della snazionalizzazione dell'impero, per cui Roma e l'Italia andarono perdendo sempre più il loro potere gravitazionale e non seppero arrestare il corso delle molteplici forze che tendevano a ridare l'autonomia agli innumerevoli gruppi etnici che pur si riconoscevano formalmente facenti parte di uno Stato sempre meno efficiente sul piano politico, militare ed economico? "L'apogeo della civiltà nell'im- pero romano - dice Alfredo Passerini, in Questioni di Storia Antica, Milano 1952, pag. 165 - si ebbe apparentemente nel II secolo, ma i segni