LUNEDÌ 24 SETTEMBRE 2018
VITA & ARTI | 41
| Eco di Biella
DIPINGERE CON LE PAROLE
Al Piazzo, una mostra
tra scrittura e immagine
Alfabeti misteriosi, lettere che si fanno
puri segni grafici, calligrafie infinitesi-
me che creano visioni, ritratti fatti di
parole, in un gioco continuo di rimandi
tra il linguaggio scritto e quello visivo.
Inaugurata venerdì scorso al Piazzo,
‘Esercizi di scrittura’ espone - tra il
Bi-Box di Palazzo Ferrero, il salone
Galliari di Palazzo Lamarmora e le ve-
trine di Rilegato a mano - espone quin-
dici artisti, selezionati da Irene Fini-
guerra e Anna Ippolito.
Info: fino al 25 novembre, sabato e do-
menica 15-19.
l S.P.
VIAGGIO & VIAGGIATORI/ 9 L’itinerario storico
La via delle acque termali
In Italia (e anche nel Biellese) per star bene con la salute
Prosegue la serie di elzeviri
dello scrittore biellese Pier
Francesco Gasparetto. Socio
fondatore del Centro interu-
niversitario di ricerche sul
viaggio in Italia e già diret-
tore di ricerca per Cnr sulle
fonti del viaggio, Gasparetto
ha selezionato alcune curio-
sità sul viaggio degli stranieri
in Italia ricavandone raccon-
ti densi di citazioni, aneddoti,
capricci e personaggi accom-
pagnati dalle loro peripezie,
dal medioevo a ieri o ieri l’al -
t ro.
A
Due biellesi attivi sulle estreme sponde
dell'Adriatico in tempi di guerra e di peste
sa di Santo Stefano di Biella. Nel
secondo incontro nuovamente
l’ordinario diocesano non c’era e
al suo posto si presentò un altro
vicario, ossia Castellano de la Tu-
re, canonico della suddetta chiesa
di Santo Stefano di Biella. In ve-
rità, pur non avendo di fronte i
documenti originali (ma solo le
trascrizioni edite alla metà del-
l’Ottocento dallo studio Pietro
Kandler nel suo “Codice Diplo-
matico Istriano”, anch’esso
stampato dalla Tipografia del
Lloyd Triestino), è piuttosto fon-
dato il sospet-
to che Gaspe-
rino Glature e
Castellano de
la Ture siano
la stessa perso-
na, vittima di
un comprensi-
bile errore di
trascrizione
paleog rafica
(considerando
che anche i te-
sti visti dal
Kandler erano già delle copie no-
tarili successive). “Glature” e “de
la Ture” si assomigliano molto e
anche il nome proprio può essere
stato storpiato dall’incompren -
sione dei trascrittori. Inoltre
“Glature” ha ben poca sonorità
biellese o vercellese, mentre “del -
la Torre” suona meglio, a partire
dal vescovo di Vercelli Lombardo
della Torre (milanese di nascita)
che fu sepolto nel duomo di Biel-
la nel 1343. Quattro anni dopo un
altro della Torre, Lodovico, era
vescovo a Trieste e un altro della
Torre (canonico e, con ogni pro-
babilità, sacrista della collegiata
di Santo Stefano di Biella) era il
suo vicario generale. Il sospetto
tende alla certezza: c’era un le-
game di parentela tra i tre uomini
di chiesa. Zio Lombardo e nipoti
Lodovico e Castellano? Può dar-
si. Don Bessone, nella sua opera
sui canonici di Biella, cita Ca-
stellino (e non Castellano, ma si
tratta senz’altro del medesimo in-
dividuo) della Torre e anche un
Passerino della Torre, entrambi
inseriti nel Capitolo di Santo Ste-
fano proprio in quel periodo. Ca-
stellino è documentato a Biella
tra il 1348 e il 1370, ma questo
non gli impediva di essere attivo
anche a Trieste, magari su espli-
cita richiesta del parente vescovo
che gli aveva assegnato il suo vi-
cariato generale. Anche nel caso
del canonico della Torre man-
cano, ora co-
me ora, altre
fonti docu-
mentarie in
grado di illu-
minare me-
glio quel de-
stino parti-
colare. Fa-
cilmente, si
potranno
trovare altre
novità rovi-
stando negli
archivi friulani e veneziani di
quell’arco cronologico compreso
tra la tremenda pestilenza del
1348 e la citata Guerra di Trie-
s t e.
Come per il don Pietro da Biella
rievocato all’inizio, anche i due
uomini segnalati in queste righe,
un notaio e un altro prete (che
verosimilmente ebbero modo di
incontrarsi e, forse, non per caso
di trovavano laggiù insieme negli
stessi anni), poterono vedere cose
che la maggior parte dei loro con-
cittadini contemporanei non riu-
scivano neppure a immaginare,
ma la frequenza di “ritrovamen -
ti” come questi aiuta a pensare a
un mondo non poi così grande e a
u n’umanità fragile, ma disposta a
muoversi per conoscere e per vi-
vere quel mondo.
l Danilo Craveia
l mattino la sveglia era sul
tardi. Seguiva il rito, len-
tissimo, della vestizione.
Pizzi, camicette di tulle, lunghe
gonne, tinte chiare, guanti, gioielli.
Seguiva l’elaborata operazione del-
l’acconciatura: trecce arrotolate
sulle orecchie, chignon, cascate di
riccioli, di bouclé, di canelons,
sciolti, riuniti sulla nuca, adagiati
sulle spalle. Si scendeva, si attra-
versava i viali profumati e lindis-
simi, si prendeva posto nelle vaste
gallerie dalle vetrate tinte di ripo-
sante azzurro pallido, di festoso
giallo oro.
Sulla lunga fila di poltroncine di
vimini allineate si attendeva il
proprio turno con in mano i ca-
ratteristici bicchieri decorati a
smeriglio. Se l’attesa era troppo
lenta, le signore deponevano il
bicchiere accanto a sé, lavorava-
no a graziose cosette all’uncinet -
to o conversavano pianamente di
placide inezie, innocui (non sem-
pre) pettegolezzi, commentava-
no le pagine di “Le petit courrier
des dames”. Giunto il proprio
turno veniva servita la benefica
acqua curativa che si sorbiva con
riverente consapevolezza.
Pranzo nella grande sala, raffi-
nate invenzioni di cuochi celebri
e riveriti, accompagnato, fra il
tintinnio delle posate e il brusio
discreto della conversazione, dal
concerto d’archi delle dame vien-
nesi.
Riposo nel primo pomeriggio,
poi ancora assunzione della pro-
digiosa acqua curativa, e ancora
il “té delle cinque”, il concerto, la
cena, la conversazione, il meri-
tato riposo; per i signori, una so-
sta ai tavoli dello chemin de fer o
della roulette, guanti bianchi,
marsina, buffoni a manubrio,
ventre importante.
Così per decenni, a Monteca-
tini, a San Pellegrino, a Chian-
ciano, a Merano, nel nostro Biel-
lese a Oropa Bagni, a Cossila, ad
Andorno, a Biella Piazzo e a Gra-
glia, così come nelle altre località
sparse per la penisola e dotate
della miracolosa, e lucrosa, pro-
prietà delle acque termali.
Torme di inglesi e di tedeschi, ma
anche di francesi, svizzeri e belgi,
qua e là il candore esotico di qual-
che turbante. Pare che la moda di
“passare le acque” sia stata lan-
ciata agli inizi del Settecento dal-
LE TERME DI BIELLA Sopra, un’immagine di Andorno Bagni quando la struttura al-
berghiera oggi sede di una casa di riposo era nella lista top delle mete italiane dove “pas-
sare le acque”. Viaggiatori, letterati, nobili, artisti, moltissimi stranieri del Paesi del Nord
sono passati anche dal Biellese. In basso una foto storica delle terme di Boar io
lo scienziato Federico Hoffmann manzo nero” Horace Walpole
che per primo descrisse e clas- (1717-1797) saranno a loro volta
sificò i diversi tipi di acque mi- ospiti di diversi stabilimenti ter-
nerali indicando, inoltre, le varie mali, così come lo saranno il fi-
località di quella che era desti- losofo e linguista Charles de
nata a divenire “la via delle acque Brosse (1709-1777) e gli scrittori
ter mali”. Ma già i greci e i romani Stendhal (1783-1842), Paul Va-
avevano dedicato templi ad Escu- lery (1871-1945) e George Sand
lapio accanto al-
(1804-1876).
le loro sorgenti
di acque curati-
Nel periodo ro-
ve ed Ippocrate Il Paese “te r ra
mantico celebri
aveva ampia-
viaggiatori in
mente descritto i r i s a n a t r i ce”
cerca della salute
benefici delle Di ricchi malati
fra le sorgenti na-
acque minerali.
turali dalle visce-
re della terra ita-
Prima ancora immaginari che
del lancio di “passano le acque” liana saranno i
Hoffmann, era-
poeti Percy Bys-
she
Shelley
no calati in Ita-
lia Michel de Montaigne (1792-1822) e John Keats
(1533-1592) a San Pellegrino nel (1795-1821), i romanzieri Tobias
1580 e Richard Lassels Smollett (1721-1771) e Robert
(1603-1668) a Fiuggi nel 1635 Louis Stevenson (1850-1894) e,
(sarà autore di The Voyage of per venire a tempi più recenti,
Italy, forse il più importante libro Katherine
Mansfielsd
sul viaggio in Italia del periodo). (1888-1923) e David Herbert La-
Il poeta Thomas Gray wrence (1885-1930) (che giudi-
(1716-1771) e l’iniziatore del “ro - cherà, però, Capri come “un pet-
tegolo pezzo di calcare, infestato
di ville e con due gobbe, un mi-
crocosmo che non fa per niente
affatto onore al genere umano”).
Nel nostro Biellese avremo, fra
gli
altri,
Edward
Lear
(1812-1888), l’autore del noto Li-
bro dei Nonsense (1846), Henry
d’Ideville (1830-1887), autore di
un diario pettegolo sulla Torino
sabauda e Eliza Lynn Linton
(1822-1898) la prima donna gior-
nalista di Gran Bretagna e autrice
di una ventina di romanzi, che
tornata in Inghilterra scriverà la
storia del paese di Andorno in
ringraziamento dei benefici ot-
tenuti dalle sue acque risanatrici
(“Andorno, History in Little”-
1889 -, apparso come supple-
mento al “G e n t l e m a n’s Magazi-
ne”).
Giungevano da tutta Europa i ric-
chi fegatosi, dispeptici e neuro-
patici a godersi la cura delle no-
stre acque. Non si accontenta-
vano di berle. Si sottomettevano
pure con masochistico entusia-
smo a bagni, spugnature, inala-
zioni, fanghi. Gli isterici e i ne-
vrastenici a tipo depresso affron-
tavano bagni o docce da cinque a
dieci gradi di temperatura in
compagnia dei sofferenti - quasi
sempre immaginari - di dispep-
sie, di atonie gastro-intestinali e
di malattie del ricambio, mentre i
nevrastenici di tipo esagitato si
ricevevano docce bollenti a 55
gradi in compagnia degli amma-
lati di insonnia, di nevrite, di mio-
site e di alcuni tipi di malattie
della pelle. Da tre a quattro, a sei
volte al giorno. E pagavano pure
fior di quattrini.
Così, l’Italia dei viaggiatori ag-
giungeva alla fama di terra del bel
canto, di limoni fioriti, di banditi
e di sole a volontà anche quella di
“terra risanatrice”. Di ricchi ma-
lati immaginari.
l Pier Francesco Gasparetto