LUNEDÌ 9 OTTOBRE 2017
BIELLA | 13
| Eco di Biella
SI AMPLIA L’O F F E R TA
Nuova figura professionale
all’ambulatorio sardo
Dal mese di ottobre, il personale infermieristico
che presta servizio volontario gratuito all’a m b u-
latorio infermieristico sardo di via Salita di Riva,
12, a Biella, si avvale di una nuova professio-
nalità. Accolta dalle colleghe Maiolina Zedda e
Maria Bosincu, Lucia Sogiu da Bosa, ha deciso
di donare un po’ del suo tempo agli altri che abi-
tano la città che l’ha accolta. Giunta a Biella nel
1959, ha lavorato prima presso la famiglia Ot-
tino, allevandone i figli, poi operaia all’Ospedale
di Biella a fianco di altri conterranei, anche loro
da poco approdati ai piedi delle Alpi per frequen-
tare la Scuola femminile per infermiere profes-
sionali e generiche, o semplici operai addetti alle
cucine e alle lavanderie. La generosa collabora-
zione di Lucia andrà ad incrementare il perso-
nale del pubblico ambulatorio intitolato dai Sar-
di alla memoria della “Dott.ssa Emilia Caval-
lini”; è aperto nei giorni di lunedì e giovedì, dalle
9 alle 11. Diretto da Vincenzo Nardozza, con
una semplice telefonata è possibile accedere an-
che a visite specialistiche gratuite, grazie alla ge-
nerosità dei dottori Francesca Muzio (dermato-
logo), Antonio Battaglia (cardiologo), Elisabetta
Scaruffi (psicologo), Vincenzo Nardozza, (neu-
rologo). Ordinariamente si effettuano piccole
medicazioni, iniezioni, monitoraggio dei para-
metri vitali (pressione arteriosa, glicemia, con-
trollo del colesterolo, iniezioni intramuscolari).
Per accedere al servizio gratuito portare la pre-
scrizione del medico curante ed il farmaco da
utilizzare anche per eventuali medicazioni. Per
contatti e prenotazioni, telefonare al numero:
015-34638 (Su Nuraghe) - 328 5641560 (Maria
Bosincu) - 330 3274852 (Gonaria Lostia).
LA SERATA A Città Studi, i figli dei due eroi della lotta a Cosa Nostra
«Oggi l’Italia non è più sinonimo di mafia»
Le parole di Franco La Torre. Dalla Chiesa: «Ora l’emergenza è la ‘ndrangheta al Nord»
«Ciò che pensavamo non
fosse possibile, lo è diventato.
Oggi l’Italia è il paese della
“antimafia”: la coscienza, gli
strumenti, le attività di con-
trasto sono enormemente
cresciute, siamo distanti anni
luce dagli anni in cui mio
padre fu ucciso». Guarda
avanti con ottimismo Franco
La Torre, figlio di Pio, il
sindacalista, dirigente e de-
putato del Pci assassinato da
Cosa Nostra nel 1982 e
diventato uno dei simboli
della lotta alla mafia.
Per ricordarne la figura, a
n ova n t ’anni dalla nascita,
Franco La Torre è stato
ospite - venerdì scorso a Città
Studi - della Fondazione
Biella Domani e dell’asso-
ciazione Libera, insieme a
Nando Dalla Chiesa, il cui
padre Carlo Alberto fu ucciso
pochi mesi dopo, appena
nominato prefetto di Paler-
mo. E, per evitare quello che
ha definito il “rischio no-
stalgia”, ne ha ricordato so-
prattutto i valori più attuali: il
senso di responsabilità, che
lo spinse a tornare in Sicilia
proprio al culmine della guer-
ra tra Cosa Nostra e lo Stato,
lo sguardo lungo ma non
velleitario, il riformismo, in-
teso come lavoro paziente,
passo dopo passo, per rag-
giungere traguardi ambiziosi:
dalle lotte contadine per la
terra del dopoguerra fino alla
sua grande battaglia contro la
mafia.
E ha ricordato soprattutto
quelle intuizioni che fecero
fare un salto in avanti alla
lotta contro Cosa Nostra.
Qui Pio La Torre impresse
una svolta, sostenendo che la
mafia non fosse un tratto
antropologico siciliano - co-
me spesso si tentava di di-
pingerla - ma fosse invece un
fenomeno socioeconomico
più generale e pervasivo, fat-
to di classi dirigenti che
usavano le organizzazioni
criminali per difendere i pro-
pri interessi: «Mio padre capì
che la mafia era fatta di
“pezzi” di economia che, a
quel tempo, andavano dai
latifondisti che “usarono” il
bandito Giuliano ai grandi
imprenditori navali - Piaggio,
per citarne uno - che af-
fidavano ai boss la gestione
della manodopera nei propri
cantieri».
Una economia “d ev i a t a ”,
che pervadeva il tessuto pro-
duttivo e trovava interlocu-
tori nella “zona grigia” della
politica, assumendo tanti vol-
ti: da quello del sindaco di
Palermo Salvo Lima e del
suo assessore Vito Cianci-
mino, a quello di Michele
Sindona o degli imprenditori
Salvo. Un modello di potere
FON-
DA ZIONE
Biella Do-
mani ha or-
g a n i z z ato
una serata a
Città Studi
con i figli di
Pio La Torre
e del Prefet-
to Dalla
Chiesa per
analizzare il
fe n o m e n o
della mafia
in Italia
che minava alla base il si-
stema democratico e per que-
sto, intuì Pio La Torre, po-
teva essere combattuto solo
con un coinvolgimento am-
pio e trasversale: «Mio padre
diceva che ci vuole una
grande orchestra per suonare
la musica della democra-
zia».
In quest’ottica, non stupisce
che sia stato proprio Pio La
Torre a sollecitare la nomina
a prefetto di Palermo di
Carlo Alberto Dalla Chiesa,
l’uomo che aveva sconfitto le
Brigate Rosse. Due storie
molto diverse, quella del po-
litico comunista e quella del
generale dei Carabinieri, che
si incrociarono in Sicilia,
dove entrambi vennero as-
sassinati da Cosa Nostra a
pochi mesi di distanza.
Ma non è solo questo epilogo
tragico ad accomunare le
loro vite: entrambi condi-
videvano una visione etica,
una integrità morale che si
traduceva anche nella vita
quotidiana. «Erano entrambi
- ha ricordato Nando Dalla
Chiesa - considerati “i n av -
vicinabili” dalla mafia: per
questo sono stati uccisi. La
mafia vive di complicità, de-
bolezze, ignoranza e, se può,
preferisce avvolgere, circon-
dare, interloquire. Solo chi
non può essere “av v i c i n a t o ”
viene ucciso: i nostri padri
sono stati assassinati non
tanto per ciò che facevano,
ma per ciò che erano».
Oggi, ha aggiunto Dalla
Chiesa, sono stati fatti grandi
passi avanti: la mafia non è
certo sconfitta, ma non è più
onnipotente, è stata arginata
dalla crescita della società
civile. «Ma non possiamo
illuderci, perché il fenomeno
assume forme sempre nuove:
oggi la battaglia è contro la
‘ndrangheta, che colpisce so-
prattutto al Nord. E pur-
troppo il Nord ancora si
rifiuta di vedere il pericolo,
come insegna il caso recente
del comune di Seregno. E un
nemico che non viene visto,
non viene combattuto, e
quindi avanza».
E proprio a questo pro-
posito, Libera Biella ha av-
viato nel 2012 un Osser-
vatorio – consultabile su
www.nomafiebiella.it - che
censisce le notizie, apparse
sulla stampa locale, sul tema
della legalità: un modo - ha
ricordato in apertura del-
l’incontro Domenico Cipo-
lat, referente biellese del-
l’associazione - per solle-
citare una maggiore con-
sapevolezza da parte del ter-
ritorio, per superare il ras-
sicurante stereotipo che con-
tinua a considerare il Biellese
“isola felice”, incontaminata
dall’avanzata aggressiva delle
mafie al Nord.
l Simona Perolo
Pio La Torre, biografia del padre
del carcere duro per i mafiosi
Nato nel 1927 in una borgata
di Palermo, in una pove-
rissima famiglia di contadini,
Pio La Torre si impegna fin
da giovane a favore dei brac-
cianti siciliani e della loro
battaglia contro i latifondisti,
aderendo alla Cgil e al Pci, di
cui diventa presto segretario
r e g i o n a l e.
La sua presenza nelle isti-
tuzioni è ininterrotta dal
1952, quando viene eletto per
la prima volta al Consiglio
comunale di Palermo; nel
1963 viene eletto all’Assem-
blea regionale siciliana e nel
1972 al Parlamento, dove
resterà per tre legislature. Qui
si occupa di agricoltura, di
Mezzogiorno, ma soprattutto
di lotta alla mafia: entra
infatti subito nella Commis-
sione parlamentare di inchie-
sta sulla mafia in Sicilia e ne
redige la relazione di mi-
noranza, che mette in luce i
legami tra la mafia e im-
portanti uomini politici. Vi
aggiunge una proposta di
legge per introdurre il reato
di associazione mafiosa, pre-
cludere agli indagati l’ac-
cesso ad incarichi civili e
soprattutto confiscarne i be-
ni.
Nel 1981 decide di tornare in
Sicilia, in un momento sto-
rico in cui la strategia ma-
fiosa di intimidazione contro
lo stato è al culmine: negli
anni precedenti sono stati
infatti uccisi, tra gli altri, il
giudice Cesare Terranova
(1979), il procuratore della
repubblica Gaetano Costa
(1980) e il presidente della
regione Piersanti Mattarella
(1980). Pio La Torre assume
l’incarico di segretario re-
gionale del Pci e subito in-
traprende la sua ultima bat-
taglia, quella contro l’istal-
lazione dei missili Nato nella
base militare di Comiso, vista
come minaccia alla sicurez-
za, non solo siciliana.
Il 30 aprile del 1982, mentre
si sta recando in auto alla
sede del suo partito, viene
ucciso, insieme al suo col-
laboratore Rosario Di Salvo.
Nello stesso periodo, il ge-
nerale Carlo Alberto Dalla
Chiesa viene nominato pre-
fetto di Palermo. Sarà ucciso
poco dopo, il 3 settembre
1982, insieme alla moglie e
all’agente di scorta.
Pochi giorni dopo, il 13 set-
tembre 1982, il parlamento
approva la legge n. 646, detta
“legge Rognoni-La Torre”
che (con l’art. 416 bis) in-
troduce nel codice penale
italiano il reato di associa-
zione per delinquere di tipo
mafioso e la conseguente
confisca dei beni.
l S.P.
LA PROIEZIONE del film che racconta la realtà brasiliana. Tra storie di rinascita e povertà
I rifiuti e l’arte, l’esperienza di “Waste Land”
Imparare che la carità può es-
sere creativa e che con poco si
può dare speranza e veder il
mondo con occhi nuovi: ecco
il messaggio che è stato lan-
ciato venerdì sera a San Paolo
in occasione della proiezione
del film “Waste Land” pro-
posto come prima iniziativa
dell'ottobre missionario. Il
parroco don Filippo ha infatti
lasciato “parlare” le immagini
del film e lo ha commentato
brevemente al termine per in-
vitare alla riflessione e sug-
gerire che a volte basta dav-
vero guardarsi intorno e avere
un po’ di fantasia per fare del
b e n e.
“Waste Land” infatti è una
storia vera, partita dall'idea di
Vik Muniz celebre artista bra-
siliano che partendo da New
York, dove è diventato famo-
so, ha voluto ritornare e re-
stituire qualcosa alla gente del
suo Paese, ma come capita
spesso alla fine sostiene di aver
ricevuto più che dato. Muniz è
andato a Rio de Janeiro nel
Jardim Gramacho, nella di-
scarica più grande del paese
dove vivono circa 3000 cata-
dores “raccoglitori di immon-
dizia” o come precisano loro
“di rifiuti riciclabili” che ri-
vendono guadagnandosi da
v ive r e.
Muniz si è avvicinato a quel
mondo di “i nv i s i b i l i ” ha co-
nosciuto le storie di uomini e
donne di ogni età che, pur ver-
gognandosi delle condizioni
in cui vivono, sono orgogliose
di lavorare per vivere e di non
rubare portafogli a Copacaba-
na o di prostituirsi per le strade
o drogarsi... Ha scoperto per-
sone che, malgrado conduces-
sero una vita dura, al limite
della sopportazione, sapeva-
no sorridere, scherzare e con
loro in tre anni ha dato vita a
un progetto molto creativo.
Ha iniziato a fotografare al-
cuni di loro, creando situazio-
ni come la giovanissima ma-
dre con in testa un telo per
simulare il velo di una Ma-
donna con i suoi bimbi in brac-
cio oppure un giovane ada-
giato in una vasca (che è la
reinterpretazione della “mor-
te di Marat” di David).
Poi ha creato delle giganto-
grafie e in studio ha coinvolto i
“catadores” facendogli sele-
zionare alcuni rifiuti per ri-
IL PUBBLICO
che venerdì
sera ha parte-
cipato alla
parrocchia di
San Paolo alla
proiezione del
film “Wa s te
Land ” dedica-
to alla vita in
Brasile e al re-
cupero dei ri-
fiuti delle dis-
car iche
comporre con loro le imma-
gini con tappi di bottiglia, resti
di abiti di carnevale, ecc come
fosse un collage .
Ha poi fotografato le sue “pic-
tures of garbage” (immagini di
immondizia) e con i soldi ri-
cavati con mostre a Rio e con
vendite all'asta (nel film si ve-
deva il suo quadro di Tiao che
veniva battuto all'asta per
28.000 sterline davanti all'in-
credulo soggetto del quadro)
ha avviato dei progetti che
hanno cambiato la vita di
quelle persone: Irma, la cuoca
della discarica ha aperto un
piccolo ristorante; la giovane
madre si è separata dal marito
spacciatore e lavora in un pic-
colo negozio e Tiao (Sebastao
Carlos Dos Santos) è diven-
tato il presidente della coope-
rativa dei catadores di Jardim
Gramacho e ha aperto (lui che
parlava di Machiavelli mentre
raccoglieva rifiuti) una picco-
la biblioteca per i lavoratori...
l Annalisa Bertuzzi