ECO DI BIELLA
32 LUNEDÌ 4APRILE 2016
Vita & Arti
Il convegno
I D’ Azeglio oggi a Torino
In occasione della morte di Massimo d’ Azeglio e nel bicentenario della nascita del nipote Emanuele, Palazzo Lascaris( via Alfieri 15) ospita oggi, lunedì, dalle ore 9.30 alle 17, un convegno dal tema:“ I d’ Azeglio. Cultura, politica e passione civile”. L’ evento si dipanerà in due giornate: la prima nella sede del Consiglio regionale del Piemonte, la seconda( domani) presso la Fondazione Einaudi di
Palazzo Taparelli d’ Azeglio. Le passioni di Massimo d’ Azeglio, oltre all’ impegno politico, furono essenzialmente due: la scrittura e la pittura. Non altrettanto famoso ma non per questo meno incisivo per la vita diplomatica, il nipote Emanuele, che ricoprì il ruolo di ambasciatore nelle più prestigiose sedi europee. Fra gli interventi anche quello di Silvia Cavicchioli, biellese, docente all’ Università di Torino a fine mattinata sul tema:“ Massimo d’ Azeglio, da creatore di miti a mito celebrato”.
LE CAMPAGNE ARCHEOLOGICHE / I RISULTATI DELLE INDAGINI DI CA’ FOSCARI 2012-13
I Ricetti, borghi del dominio
Dagli 11 censiti nel Biellese, oggi si sale a 18. Candelo e Magnano i meglio conservati: mura preesistenti
“ Candelo e gli altri. Nuove indagini storiche e archeologiche sui Ricetti del B ie ll es e”: è il titolo del recente incontro al Museo del Territorio Biellese, in cui l’ archeologo Stefano Leardi ha ripercorso le ricerche condotte per la sua tesi di dottorato, appena discussa all’ Università Ca’ Foscari di Ve n e z i a. Ampiamente diffusi nel Nord Italia, soprattutto in Piemonte( dove ne sono stati censiti quasi 200) e nel Biellese( che annovera, a Candelo, l’ esemplare meglio conservato in assoluto), i ricetti rappresentano un fenomeno variegato, molto citato e studiato- a partire dalla fine dell’ Ottocento- ma forse ancora non del tutto compreso nella sua complessità. Gli studi di Leardi sono partiti dell’ esame sistematico delle informazioni esistenti sui ricetti piemontesi: interventi archeologici( pochi), studi, pubblicazioni. Una ricognizione necessaria per mettere a fuoco lo“ stato dell’ ar te”, a partire dalla definizione: il termine“ ricet- to” è stato infatti storicamente utilizzato per indicare tipi di fortificazione assai diversi, fino a designare oggi, in modo relativamente univoco, un nucleo medievale fortificato, utilizzato dalla popolazione come rifugio temporaneo e come“ s il os collettivo”, in cui conservare e proteggere i prodotti agricoli.
Sopra, le mura del Ricetto di Candelo. In alto a destra la torre d’ ingresso del Ricetto di Magnano
LA STORIA
I ricetti sono diffusi in tutto il Nord Italia, ma solo la“ cantina comunitaria” di Candelo è arrivata( quasi) intatta fino a noi
Nel Basso Medioevo, la rinascita dei Comuni. Il tempo dei ricetti coincide con la fase di crescita dell’ au- tonomia dei Comuni, tra il XII e il XIV secolo. Dopo secoli di invasioni barbariche, carestie, pestilenze, a partire dal punto di svolta dell’ anno 1000, si assiste ad un progressivo aumento demografico e ad una ripresa della vita politica, economica e culturale, gettando le basi per quello che sarà, nel 1400-1500, il Rinascimento. Motore di questa lenta rinascita sono i centri urbani, che a poco a poco si ripopolano e tornano ad essere il centro della vita pubblica: qui si ricrea lentamente una classe media fatta di commercianti, artigiani, persone di cultura, artisti …. E soprattutto si ricrea il senso di una“ comunità”, che punta ad auto-governarsi, a ritagliarsi la sua autonomia nel sistema feudale.
Marketing territoriale ante litteram. I rinati comuni cercano di consolidare il proprio dominio sul territorio circostante, creando insediamenti difensivi per provvedere autonomamente alla propria difesa, senza più contare sulla protezione della classe feudale: cinte murarie attorno ai centri esistenti, nuovi insediamenti in posizioni strategiche( i“ borghi franchi”), nuclei fortificati da usare in caso di pericolo( i“ ricetti”). E la strategia pare abbia avuto successo: secondo gli ultimi studi infatti questo tipo di fortificazioni ha rappresentato un fattore di successo per i comuni che le hanno realizzate. Nel caso di Magnano, la costruzione del ricetto ha rappresentato un attrattore per la popolazione della zona, determinando il progressivo abbandono di altri insediamenti quali Santa Maria
L’ in da gi ne è poi proseguita con un censimento e una classificazione dei numerosi ricetti esistenti nel territorio biellese: agli 11 ricetti noti da tempo( Candelo, Castelletto Cervo, Cavaglià, Dorzano, Magnano, Mottalciata, Ponderano, Sandigliano, Roppolo, Valdengo, Viverone), si possono aggiungere, secondo gli ultimi studi di Leardi, anche Benna, Borriana, Gaglianico, Donato, Peverano / Monte Orsetto, Lessona e Vergnasco. Siti di cui oggi, nella maggior parte dei casi, restano solo poche tracce o talvolta solo citazioni nei documenti d’ archivio. La ricerca si è poi incentrata sui due ricetti di Candelo e Magnano, ambedue di estremo interesse, ma con caratteristiche e condizioni di conservazione molto diverse. Qui, nel 2012 e 2013, sono state effettuate due distinte campagne di indagine, condotte dal corso di Archeologia Medievale dell’ U- niversità Ca’ Foscari: vi hanno partecipato 11 giovani ricercatori provenienti da tutta Italia e anche dall’ e st er o, coordinati sul campo da Leardi, sotto la direzione scientifica del professor Sauro Gelichi, uno dei fondatori d el l’ archeologia medievale in Italia. Le indagini sui due ricetti si sono avvalse in primis dello studio archeologico delle architetture, cioè di un’ anali- si stratigrafica delle opere murarie, che consente di ricostruire la sequenza dei diversi interventi costruttivi, utilizzando tecniche quali la mensiocronologia, ossia la datazione basata sulle misure dei mattoni utilizzati.
Nel 2013 sono stati inoltre effettuati alcuni sondaggi di scavo, seppure in aree limit a t e.
Quei‘ castelli del popolo’ che sfidavano il feudalesimo
e San Secondo. E anche Candelo, in seguito alla costruzione del ricetto, ha affermato la sua egemonia a danno di altri insediamenti esistenti, quali il vicino borgo di Ysengarda, di cui si perdono addirittura le tracce.
I ricetti sono quindi stati, per i nascenti comuni medievali, un vero e proprio strumento di“ marketing territoriale”, con cui competere per attrarre popolazione ed affermare il proprio controllo sul territorio.
I“ castelli del popolo”. Dunque, a differenza della rocca o del castello, il ricetto- dal latino receptum, che significa“ ricovero, rifugio”- non ha caratteristiche feudali ma nasce dalla iniziativa di una comunità, in particolare della classe borghese( artigiani, contadini, commercianti) in via di costituzione. I feudatari in alcuni casi partecipano( anche mettendo a disposizione i terreni, a volte adiacenti al castello) e hanno, come gli altri abitanti, il diritto di rifugiarvisi in caso di pericolo, ma non ne diventano mai i proprietari: per questo i ricetti sono simbolo di libertà civica e rappresentano una conseguenza( e in parte anche una causa) del progressivo superamento del sistema feudale.
Le indagini degli archeologi di Ca’ Fo- scari ai ricetti realizzate tra il 2012 e il 2013
Lo studio sul campo ha evidenziato, in entrambi i siti, la presenza di fasi costruttive diverse, particolarmente ben visibili nel ricetto di Candelo; a Magnano, gli scavi presso la torre-porta hanno portato alla luce tracce murarie preesistenti, di difficile datazione; inoltre, a Candelo, è stato documentato un ampliamento verso nord della cinta muraria, avvenuto durante il XVI secolo ed è stata chiarita la funzione di“ scaric o” svo lta dalle riane, le strette intercapedini che separano gli edifici, confermando l’ i po te si che il ricetto sia servito, sebbene temporaneamente, da rifugio per la popolazione
Nel Biellese, tanti ricetti e un unicum. Strutture di questo tipo sono particolarmente diffuse in Piemonte, terra ai tempi poco popolata, dedita all’ agricoltura, luogo di passaggio per gli eserciti provenienti da Oltralpe, dove piccoli borghi e contadini erano alla mercé di incursioni e saccheggi. In particolare nel Biellese, terra di confine tra Novarese, Vercellese, Canavese, circondata da potenti vicini, quasi sempre in lite tra di loro, i ricetti sorgono tutti nella parte sud, particolarmente esposta al pericolo di attacchi( a nord, le montagne costituivano una efficace barriera naturale). Dei ricetti piemontesi restano oggi, nella maggior parte dei casi, solo tracce: molti di essi sono stati trasformati in nuclei abitativi veri e propri, perdendo così la loro fisionomia originaria. Quello di Candelo è invece l’ unico giunto a noi in ottimo stato di conservazione, grazie al fatto che non è mai stato abitato stabilmente ma solo in caso di pericolo; in tempo di pace serviva invece come deposito, come“ silos fortificato” per conservare e difendere i beni più preziosi della comunità: i prodotti della terra, soprattutto il vino, di cui Candelo è stato per secoli un forte produttore. Proprio questa origine contadina ne ha permesso la conservazione: molto attaccati al loro“ castel”, i candelesi hanno continuato ad utilizzarlo per fare il vino fino a tempi recentissimi( il secondo dopoguerra) e ancora oggi alcune cellule continuano ad essere utilizzate come cantina. Un utilizzo quotidiano che, se da un lato ha prodotto qualche guasto, dall’ altro ha permesso una efficace manutenzione, salvaguardando nell’ insieme quello che oggi rappresenta un unicum a livello europeo, oggetto di studio e forte attrattore turistico per il territorio biellese. lS. P.