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ECO DI BIELLA GIOVEDÌ 24 MARZO 2016

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Provincia

Torna in funzione la torre faro

MASSERANO
Dopo un lungo periodo di “ buio ” è tornata in funzione la torre faro della rotatoria di Masserano , che si trova in fondo alla superstrada ( nella foto ). « Un altro piccolo passo verso la normalizzazione » scrive il presidente della provincia Emanuele Ramella Pralungo - proprio in questi giorni la provincia ha provveduto anche alla sistemazione della segnaletica orizzontale sulle strade a Quaregna ».

VINI CHE RACCONTANO IL BIELLESE / 2

Coi Romani , arrivano i vigneti

La lunga storia degli impianti biellesi : dalla via Lessonasca alla grande “ cantina collettiva ” del Ricetto di Candelo

Probabilmente già praticata dalle prime popolazioni stanziali biellesi , i mitici Vittimuli , è soprattutto con la ‘ romanizza - zione ’ del territorio - verso la fine del II secolo a . C . - che la viticoltura si diffonde nella parte meridionale del Biellese , da Salussola a Gattinara , come attestano numerosi reperti archeologici . E molte importanti vie di comunicazione nascono , proprio in epoca romana , come “ vie del vino ”: ad esempio la “ via Lessonasca ”, che congiungeva i vigneti di Lessona a Vercelli , o la “ via Biandrina ”, che scendeva dalla Valsesia ; da Vercelli , il vino prendeva poi la strada di Milano e Pavia attraverso Novara .
Le viti salvate dalla religione . Con la fine - nel V secolo d . C . - dell ’ Impero Romano d ’ Occidente , molte avanzate pratiche agricole introdotte dai Romani si perdono , distrutte dalle invasioni barbariche . La viticoltura sopravvive però , per tutto il periodo medievale , nei possedimenti delle pievi e delle abbazie , dove la produzione del vino è finalizzata alle necessità della liturgia e alle esigenze di ristoro dei pellegrini ( e verosimilmente dello stesso clero ). Anche se in condizioni difficili , per tutto il Medioevo la produzione e il consumo di vino nella nostra zona continuano e , a partire dal basso Medioevo , si intensificano : ne offre una prova emblematica il Ricetto di Candelo , edificato tra il XIII e il XIV secolo dagli abitanti proprio con funzioni - oltre che difensive - di grande “ cantina collettiva ”, dove produrre , conservare e proteggere la preziosa bevanda . E una conferma ci viene anche da un pittoresco aneddoto , tra storia e leggenda : nel 1384 , un incendio nel castello di Zumaglia viene spento , esaurite le riserve d ’ acqua , con l ’ abbon - dante vino conservato nelle c a n t i n e .
Principi e operai . Insomma , fin dall ’ antichità il vino nel Biellese non manca , anche se le prime “ cer tificazioni ” esplicite arrivano secoli dopo , nel 1657 , con il “ Ristretto del sito e qualità della città di Biella e sua Provincia ”, di Antonio Coda , in cui troviamo diverse citazioni riguardo al territorio “ abbondante di vini squisiti ”. E , dal XVII secolo , i documenti testimoniano una intensa coltivazione viticola nel basso Biellese e la passione delle famiglie patrizie locali - dai Gromo di Ternengo , ai Dal Pozzo , ai Ferrero - per i vigneti , con una particolare predilezione per quelli della zona di Lessona , già allora considerati di particolare p r e g i o .
E il vino non è certo una bevanda riservata ai nobili , ma è ben presente anche nella dieta popolare : basti pensare che , nel ‘ 600 , i primi imprenditori tessili usano corrispondere i salari per metà in denaro e per metà in beni alimentari e vino .

Associato come qualità e prezzo ai migliori vini di Borgogna

LA BIBLIOGRAFIA

La civiltà dello Spanna di Lessona e dell ’ Erbaluce

Brocche in vetro , dalla necropoli romana di Cerrione ( I-II secolo d . C .), Museo del Territorio di Biella
Il ‘ vino d ’ Italia ’. Ma il periodo aureo della viticoltura locale inizia nel ‘ 700 : secondo la relazione di un funzionario datata 1777 , in quasi tutti i paesi del Biellese , anche in quelli montani , si possono trovare vigneti , per una superficie vitata complessiva pari a oltre 4mila ettari ( quasi 20 volte quella odierna , che non raggiunge i 250 ettari ). E intorno al 1830 lo storico Goffredo Casalis descrive i paesi del Biellese orientale come un territorio “ ricco di vigneti coltivati con diligenza ”, il cui vino rappresenta “ l ’ unico oggetto di esportazione , che vendesi in Milano , in Novara , in Arona , in Vercelli ”.
U n ’ attività diffusa e redditizia che prosegue per tutto l ’ Ottocento . Attorno al 1840 , nella sua monumentale “ Co - rografia d ’ Italia ”, il geografo Attilio Zuccagni così la descrive : “ I biellesi … s p e di s c o n o gran copia dei generosi loro vini , soprabbondanti al bisogno , non solo nelle altre provincie dei RR Stati , ma ben anche in Lombardia … nume - rosi sono i vigneti sparsi pel territorio , e sono coltivati con industriosa attività ; doppia ragione del considerevole lucro che gli agricoltori e i possidenti ne ritraggono ”.
Al l ’ inizio dell ’ O tt oce nt o , ogni fazzoletto di terra disponibile viene sfruttato a scopo agricolo e la maggior parte è coltivato a vite : nello stesso
Per saperne di più sulla viticoltura biellese :
Giacomo Marchiori , “ Il vino bi elle se ”, E20progetti Editore 2015
Danilo Craveia e Giovanni Vachino ( a cura di ), “ BiellExpo : il Biellese e i biellesi da esposizione ”, DocBi 2015
Alberto Pattono , “ Il vino Lessona , storie di Coraggio , Passione e Orgo gl i o ”, Lineadaria 2008 Alberto Pattono , “ Erbaluce , il vino bianco dell ’ Alto Piemonte ”, Eventi & Progetti 2006 Alberto Pattono , “ Bramaterra – capoluogo , si vedono filari a Biella Piano , al Piazzo , ai lati della funicolare , al Vandorno ; le colline orientali sono in gran parte coperte da vigneti e terrazzamenti , e così il basso B i e l l e s e .
Il ruolo della viticoltura nell ’ economia locale è tale che bastano pochi raccolti andati a male per gettare nella miseria la popolazione : ad esempio , nel 1854 , il ramo ferroviario Biella-Santhià viene realizzato anche per dare lavoro alla popolazione biellese , in grave difficoltà dopo un triennio di mancato raccolto di uva .
Associato come qualità e prezzo ai migliori vini di Borgogna , esportato perfino negli Stati Uniti , il vino biellese raggiunge forse l ’ apice della notorietà nel 1870 , quando il ministro delle Finanze Quintino Sella , rifiutando lo Champagne , brinda all ’ unità d ’ Italia -

Nel 1870 il ministro Sella brinda all ’ unità d ’ Italia con Spanna di Lessona

Candelo , primi Novecento : trattamenti antiparassitari , con le ‘ boite ’ per la poltiglia bordolese e gli impolveratori per lo zolfo . In basso , il monumentale torchio conservato al Ricetto , risalente al 1763
Un territorio , un vino ”, Eventi & Progetti 2005
Giuseppe Graziola , “ Le ughe di Santo Gaudencio , storia della viticoltura lessonese ”, Edizioni Gariazzo 2001
Mario Soldati , “ Vino al vino ”, Mondadori 1969
Giovanni Donna d ’ O l de n i co , “ La ‘ civ i l t à ’ dello Spanna da Lessona a Gattinara ”, Industria Grafica Falciola 1968 l s . p . dopo la presa di Roma - con lo Spanna prodotto nella sua tenuta di Lessona ( che da allora si fregia della definizione di ‘ vino d ’ Italia ’).
Tale è la reputazione dei nostri vini che nel 1857 il medico e botanico Antonio Maurizio Zumaglini utilizza con successo , come terapia d ’ urto per un paziente in gravi condizioni , proprio il “ vino generosissimo di Lessona ”… Una passione a cui non sfugge neppure Monsignor Losana , a quei tempi illuminato vescovo di Biella , che coltiva un vigneto nella sua villa Engaddi di Cossato e realizza un vigneto sperimentale nella Scuola Agraria , da lui istituita a Sandigliano .
L ’ arrivo dei parassiti . Ma , proprio al culmine del successo , iniziano i guai : da metà Ottocento infatti una serie di infestazioni di parassiti di origine americana , accidentalmente importati tramite piante o talee , mettono in pericolo la sopravvivenza dei vigneti europei . Nel Biellese , capofila della lotta contro l ’ oidio ( o ‘ mal bianco ’) è proprio Monsignor Losana , che nelle sue vigne sperimenta l ’ e f fi c a ci a dello zolfo e cerca di convincere i suoi scettici compaesani ad adottare tale rimedio portentoso , purtroppo con scarso successo : i biellesi non credono all ’ uso dei trattamenti e attribuiscono i risultati ottenuti dal vescovo a preghiere segrete o a formule magiche apprese da Giuseppe Garibaldi - anche lui appassionato viticoltore nelle sue terre a Caprera - che nel 1859 era stato per qualche giorno ospite del vescovo a Biella . Ciononostante , il mal bianco viene presto sconfitto proprio grazie allo zolfo , ma a fine secolo arriva la Peronospora , così temibile da essere comunemente definita ‘ la maladia ’: anch ’ essa fa strage di vigneti , fino alla scoperta del rimedio , il solfato di r a m e .
Ma i guai grossi arrivano con la fillossera – un piccolo afide che attacca le radici delle viti a piede franco , cioè non innestate - che dal 1880 circa rende improduttivi il 95 % dei vigneti dell ’ Alto Piemonte . Questo attacco costringe i viticoltori a rifare gli impianti , trovando – dopo vari esperimenti - nuovi metodi di propagazione della vite per renderla resistente : non più talee o propaggini , ma innesti su piede di vite americana , resistente al parassita .
( Liberamente tratto da : “ Il vino biellese ”, di Giacomo Marchiori , E20progetti Editore , 2015 )
lSimona Perolo 2 . continua - la prima puntata pubblicata lunedì 21 marzo