Perchè la crisi | Page 80

Statuto dei lavoratori - Wikipedia Pagina 2 di 7 fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche e l'obbligo di forme assicurative (1920), il condizionamento del rilascio delle licenze amministrative all'assolvimento dell'obbligo di scolarità dei figli (TULPS - tale obbligo limitava la possibilità pratica di induzione al lavoro di minori e la norma ne incrementò l'efficacia), il divieto di mediazione di lavoro (caporalato - previsione del codice civile), insieme ad altre norme oggi forse non ben riconoscibili nell'importanza che ebbero al tempo in cui furono emanate. La Costituzione contribuì in maniera essenziale alla strutturazione delle basi del nostro Diritto del lavoro, introducendo principi che, successivamente, lo Statuto del lavoratori avrebbe fatto propri. Principi come quelli dell'art. 1 e dell'art. 4 che, oltre a decretare il lavoro come base stabile del nostro ordinamento repubblicano, ne sanciscono anche il diritto in capo ad ogni cittadino. La nascente democrazia "fondata sul lavoro" avrebbe, però, dovuto fare i conti con le molte residue arretratezze ancora presenti nel nostro ordinamento. Non tardò perciò Giuseppe Di Vittorio (il più autorevole esponente della CGIL, presidente della FSM, la Federazione Sindacale Mondiale) a pronunciarsi apertamente - nel 1952 per l'opportunità della definizione di una legge quadro che riformulasse l'intera materia, e lo fece parlandone proprio in termini di statuto. In quello stesso periodo venne inoltre pubblicata un'inchiesta delle ACLI di Milano intitolata "La classe lavoratrice si difende" che denunciava la condizione di sfruttamento e di discriminazione ideologica dei lavoratori, ponendo il problema della cittadinanza in fabbrica[1]. Poco tempo dopo, nel 1955, il Parlamento promosse un'inchiesta parlamentare sulle "Condizioni di lavoro nelle fabbriche"[2]. Le premesse economiche e sociali Gli anni cinquanta e sessanta del Novecento furono, del resto, caratterizzati da un importantissimo fenomeno, sinteticamente identificabile con la trasformazione del lavoro (e della produzione) rurale in industriale, fatto che provocò intensi flussi di migrazione interna e modificò le proporzioni numeriche fra addetti all'agricoltura (agricoltori) ed addetti alla produzione industriale (operai) in senso preponderante a favore di quest'ultima. La crisi del lavoro della terra (che aveva fra le sue concause la crescita dei costi di produzione e l'introduzione delle macchine) contribuì a rendere disponibili, con la