PARTS Gen 2024 | Page 43

tra gli USA e il Far East anche dal punto di vista dell ’ occupazione e della competitività . E in Italia scontiamo livelli di produzione di veicoli ormai da anni sotto il milione di unità quando nel 2000 eravamo oltre 1,7 milioni ”. Le cause sono varie a partire dal maggiore costruttore nazionale , diventato la multinazionale Stellantis con processi decisionali diversi . Un benchmark di riferimento dovrebbe essere la Spagna , che invece cresce : “ Occorre riportare in Italia dei volumi di produzione compatibili con una componentistica che , sia nel primo impianto sia in aftermarket , è al secondo posto dopo quella tedesca per fatturato e dipendenti grazie alla capacità di investire in tecnologia , innovazione e soprattutto internazionalizzazione riuscendo a portarsi a casa clienti dall ’ estero : una situazione distonica , dato che siamo solo l ’ ottavo produttore di veicoli in Europa ”. Giorda ha segnalato altri fenomeni da monitorare . La Cina sta entrando in maniera significativa in Europa e da qualche mese è il primo esportatore di autoveicoli al mondo davanti a Germania , USA e Giappone : rimane focalizzata sull ’ elettrico - tecnologia che domina per competenze e materie prime necessarie per le batterie - ma recupera spazio anche sul motore termico attraverso partnership e
acquisizioni . Inoltre , il mercato interno cinese vede solo Volkswagen unico rappresentante estero nella top ten delle vendite tra i brand costruttori . Non bastasse , la market share cinese nei principali mercati europei sta raddoppiando rapidamente ( in Italia oggi è al 5 %). Non è un caso , dunque , che varie partnership e joint venture strategiche con i brand cinesi anche poco conosciuti finora da parte dei costruttori europei , tra cui Stellantis , stiano prendendo piede per partecipare a ricavi previsti in ulteriore crescita . Intanto , non sembrano avere riscontri positivi le recenti misure drastiche della Commissione Europea come l ’ annunciata investigazione antincentivi per annullare i vantaggi economici che il Governo cinese concede ai propri costruttori , abbassando il pricing . Anzi , si rischia sia di penalizzare gli investimenti dei brand europei in Cina sia di innescare reazioni pericolose , come quelle già registrate sui vincoli all ’ esportazione di metalli rari come germanio , gallio e grafite , da cui dipendono fortemente l ’ elettrificazione e anche i semiconduttori . “ Dobbiamo cercare di mantenere un rapporto corretto con questo Paese ”, ha specificato Giorda . Riguardo al piano auto industriale al 2030 per l ’ Italia per la prima volta un ’ associazione , proprio Anfia , è stata chiamata dal Governo , in questo caso dal MIMIT ( Ministero delle Imprese e
del Made in Italy ), a stipulare un accordo impegnativo per definire le strategie nazionali del settore . Si parte da tre ambiziosi obiettivi : tornare a produrre entro cinque anni 1 milione di veicoli l ’ anno per poi aumentare di 200-300mila unità dal 2028 in avanti ; il costruttore nazionale e la filiera collegata devono mantenere potenti le attività di Ricerca & Sviluppo e innovazione , l ’ unico driver in grado di creare una fertilizzazione col mondo della componentistica che ruota intorno , calcolando che con le fabbriche di puro assemblaggio non si andrà lontano ; la componentistica italiana deve rimanere al centro delle strategie di sourcing del produttore nazionale , non guardando solo al low cost ma privilegiando competenze , competitività e impronta carbonica , rifornendosi da aziende vicine . Un ulteriore obiettivo sarà invogliare nuovi car maker , in particolare proprio i player cinesi , a produrre in Italia partendo da una perequazione dei dazi . “ Analizzeremo anche - ha concluso Gainmarco Giorda - il gap di competitività rispetto ad altri Paesi . Non è possibile che la Spagna produca 2,2 milioni di autoveicoli e noi 800mila , ma la risposta ce l ’ abbiamo già : là l ’ energia costa il 40 % in meno . Tutta una serie di fattori localizzativi ha fatto sì che in questi anni molte aziende abbiano preferito investire altrove ”.
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