L’obiettivo è infatti quello di realizzare una grande instal-
lazione, una grande opera dell’umano, in cui l’oggetto
materiale è testimonianza, scrittura di esistenze, proget-
“migrante” e cioè nelle trasformazioni che subisce ad
opera dell’artigiano che lo riplasma attraverso nuovi
assemblaggi e ne muta caratteristiche e funzionalità.
Il museo è suddiviso in due parti. La casa di Ettore
Guatelli, luogo del collezionista e il museo-installazione.
Impossibile poter descrivere quante cose vi siano
dentro, fuori, sotto, sopra, attraverso, accostate, ordina-
te, accatastate in ogni luogo. La prima sensazione è di
trovarsi in una wunderkammer in cui gli oggetti si
irradiano in ogni angolo dello spazio. Stupore, spaesa-
mento, gli oggetti si imprimono nello sguardo altrui.
Scodelle, scarpe, coltelli, falci, orci, insegne, lucerne,
orologi, botti, pale, forbici, utensili d‘ogni sorta, attrezzi
d’ogni genere, d‘ogni grandezza, d’ogni misura, tutti
diversi gli uni dagli altri, specchio dello spirito del
memoria.
Luogo emotivo per eccellenza, suscita un insieme di
sensazioni. Anche per me, tra quella moltitudine di
oggetti in disuso, ve ne sono molti mai visti prima, ma
anche alcuni che mi ricordano l’infanzia, che sono appar-
tenuti alla mia tavola o alla mia casa o con i quali ho visto
la gente che mi circondava adoperarsi in qualche faccen-
me, di una vita che mi è appartenuta.
In quel museo c’è un non so che di umoristico anche, lo
individui nelle pieghe dell’oggetto, nell’ accostamento di
materiali e nella trasformazione ad opera di artisti “popo-
lari”, visionari e curiosi.
Gli oggetti sono originali, divertenti, mi sorprendono per
l’ambiguità della condizione di passaggio, di transito-
rietà che acquisiscono, nell’essere stati trasformati, acco-
stati ad altri oggetti. Una dualità che mostra quello che
un tempo sono stati ed anche quello che sono diventati
e la cui collocazione, mai casuale, spesso sollecita a
nuove, altre, interpretazioni.
Dopo una grande scala a gomito si giunge su un davan-
zale con una porta con una insegna che preannuncia
“Pericolo! Organi in moto” ed un’altra“ è obbligatorio
portare l’elmetto”. È la stanza dei giocattoli.
Foto di Cristina Pantellaro
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