Per una politica industriale pubblica
Per il diritto alla salute
Per il rispetto dell’ambiente
I delegati USB di ArcelorMittal e delle aziende
dell’indotto hanno lanciato un appello af-
finché l’Italia torni ad avere una vera politica
industriale pubblica. L’appello sarà al centro
dell’assemblea operaia di giovedì 28 novem-
bre a Taranto, alla vigilia dello sciopero gen-
erale nazionale proclamato per il caso ex
Ilva da USB per venerdì 29 novembre, con
manifestazione nazionale nella città pugliese.
Pubblichiamo qui l’appello integrale dell’Un-
ione Sindacale di Base.
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La storia dell’ex-ILVA di Taranto racconta della
progressiva distruzione del patrimonio indus-
triale e produttivo del paese dopo aver avve-
lenato per decenni la popolazione di un’intera
città. Mentre continuiamo a contare i morti ed
i danni ambientali irreparabili che sono stati
arrecati in questi anni al territorio, ci accorgia-
mo di essere un paese privo di strumenti reali
per affrontare una crisi che è allo stesso tem-
po economica, occupazionale e che avvelena
l’ambiente e nega la salute dei cittadini. ILVA
testimonia in maniera eclatante il fallimento
dei privati, nonché il loro totale disinteresse
a coniugare lavoro, sicurezza e salute pub-
blica. Solo un massiccio intervento pubblico
su Taranto può programmare la chiusura
delle fonti inquinanti e costruire un’alternati-
va occupazionale sia per l’ex ILVA che per le
aziende dell’indotto che garantisca il lavoro, il
salario e il reddito e liberi finalmente Taranto
dai veleni restituendo il diritto alla salute ed a
una vita dignitosa. Mettere nelle mani di inter-
essi privati la soluzione delle crisi delle grandi
aziende o di interi settori economici strateg-
ici non ha mai portato vantaggi reali né per i
lavoratori né per l’economia nazionale.
Privatizzare la gran parte dell’economia pub-
blica ha finito per lasciare la politica alla mercé
dei grandi gruppi economici che hanno potuto
imporre i prezzi e le condizioni dei loro interventi.
Rinunciare ad una politica industriale ha sig-
nificato perdere il controllo delle leve fonda-
mentali. I governi dovrebbero garantire l’in-
dirizzo delle scelte economiche senza per
questo immischiarsi nella gestione concreta
delle aziende, ma quale indirizzo siamo stati
capaci di assicurare per l’ex ILVA di Taranto?
E di quali strumenti disponeva la politica per
garantire che non andasse a finire così?
La verità è che un paese privo di strutture,
risorse e competenze autenticamente pub-
bliche finisce per dover sottostare ai ricatti
di chi dispone di tecnologie, mercati e risorse
finanziarie. L’unica arma che rimane in mano
ai governi è la giustizia, che però non dispone
dei mezzi per far fronte a crisi sociali e am-
bientali.
Le soluzioni che partiti, sindacati e organiz-
zazioni datoriali propongono di fronte alle
grandi crisi industriali finiscono per ricalcare
sempre lo stesso cliché: o il compromesso
a ribasso con le imprese o il sostegno eco-
nomico statale con commissariamento in
preparazione di una nuova cessione al migli-
or (sic!)acquirente. E in entrambe le ipotesi c’è
sempre e comunque il taglio del personale.
Possibile che questo paese abbia rinunciato
per sempre ad una sua politica industriale?
Possibile che discutere di industria di Stato
costituisca un tabù come se la storia dell’in-
dustria privata di questo paese non fosse in
gran parte fatta di assistenzialismo, spreco di
risorse, corruzione e disastri ambientali?
Siamo stanchi di dover assistere a centinaia
di crisi aziendali con conseguente chiusura
di fabbriche o spostamento all’estero degli
impianti (magari anche in questo caso con i
contributi pubblici) senza poter immaginare
un futuro diverso. Vorremmo invece che si in-
vertisse la rotta e che si ricostruissero Istituti
ed Agenzie pubbliche in grado di coniugare
ricerca ed industria dentro un disegno pubbli-
co in cui salute, sviluppo e lavoro non fossero
vissuti come alternativi.
Non sarebbe peraltro una novità. Nel mondo
i paesi che hanno i maggiori tassi di crescita
economica sono sostenuti da una forte in-
dustria pubblica e l’Italia è tra le nazioni dove
lo smantellamento delle aziende di Stato e le
privatizzazioni sono andate più avanti.
Come lavoratori e delegati sindacali voglia-
mo sfuggire alla condanna dei ricatti: am-
mortizzatori sociali, prepensionamenti, es-
uberi e ridimensionamento degli impianti.
Vogliamo unire le forze per un progetto di ri-
nascita del nostro paese dove l’industria non
sia sinonimo di danno per l’ambiente e dove il
lavoro riacquisti piena dignità. Nel mondo in-
tellettuale, tra le associazioni di cittadini e nei
movimenti ambientalisti siamo convinti che
ci siano tante forze che possono sostenere
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