Ci troviamo in un contesto in cui tutti sem-
brano voler risolvere la crisi ambientale: negli
ultimi mesi abbiamo visto le piazze riempirsi
di giovani che percepivano l’urgenza di at-
tivarsi di fronte al cambiamento climatico in
atto, abbiamo visto movimenti in tutto il mon-
do chiedere ai propri governi di prendere
provvedimenti e persino la classe dirigente
ha iniziato a parlare di green economy. Come
mai, secondo te, proprio ora un movimen-
to come quello NoTav subisce una nuova
pesante ondata repressiva, nonostante anni
di lavoro per la difesa attiva del territorio e
del suo ecosistema che andrebbero distrutti
da un’opera tanto inutile quanto inquinante?
“Perché evidentemente è sempre orientata
in senso ostinato e contrario a questi profitti
e a questo modello di sviluppo che cambia
maschera e vestito a seconda della comod-
ità. È bellissimo che i giovani si muovano, sono
una forza futura reale, e loro cercano di ad-
domesticarla e di metterla in silenzio o di il-
luderla con la questione della green economy
che noi ormai conosciamo perché è un nuo-
vo modo per far profitto sui diritti di tutti e so-
prattutto un modo per cercare di isolare un
discorso ambientale astratto da uno di tipo
sociale. Io credo che le due cose debbano
andare insieme perché altrimenti sono men-
zogne. Il movimento NoTav dice esattamente
questo, cioè che là dove ci sono i grandi profit-
ti non ci può essere né giustizia sociale né
giustizia ambientale. Allora il movimento che
dice queste cose diventa anche un pericolo
culturale oltre che concreto e reale, perché la
loro forza sta nella menzogna, nella bugia, nel
devastare il mondo facendo finta di metterlo
a posto. Quando noi diciamo che ol progresso
è quella cosa che continua ad andare avanti
devastando il mondo, creando rovine, e con-
tro di questo noi rivendichiamo il senso del
limite, loro lo sentono in una delle sue tante
sfaccettature che è il limite ai loro profitti che
vorrebbero infiniti. E quindi ecco perché il mov-
imento NoTav bisogna metterlo in silenzio”.
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