My first Publication Sottosopra numero 3 | Page 6

ha permesso l’attivazione e il coinvolgimento di così tante persone? “Non abbiamo mai programmato questa lot- ta a tavolino, la lotta è nata nella realtà, nei momenti del bisogno, andando avanti giorno dopo giorno e cercando di adattarsi a quelli che erano i bisogni del momento. Non è stata la prima lotta ambientale della valle, le altre però forse delegavano un po’ troppo. Forse l’unica che non aveva delegato era quella contro il maxielettrodotto che vole- vano costruire e che poi non hanno costruito proprio perché avevamo messo in piedi una lotta popolare come questa, anche se più cir- coscritta chiaramente. Noi abbiamo capito che intanto non si poteva aspettare dall’alto la difesa di quei diritti della vita di tutti e che spettava soltanto a noi, a chi la vita la vive- va. Quindi non delegare, perché non abbia- mo paura, non pensare che la legge abbia sempre ragione perché la legge è ritagliata addosso a chi comanda, e se chi comanda è ingiusto quella legge non può che essere oppressiva e certo non capace di migliorare il mondo; e poi la forza sicuramente, l’entusias- mo, il non scoraggiarsi. La prima manifestazi- one che avevamo fatto a Bussoleno contro la chiusura del polo ferroviario, che era paral- lelo a quella lotta, l’abbiamo fatta in dieci. Al- lora se noi ci fossimo fermati lì, nulla sarebbe nato, e invece erano solo dieci di tante realtà che stavano germogliando nel profondo del- la terra, perché era necessario, perché se si vive male, se si vede che i servizi di cui si ha bisogno non ci sono, che la povertà aumenta, se vedi che hai bisogno di qualcosa e invece ti vogliono dare l’esatto opposto, non tutti si adeguano. E allora saper intercettare i bisog- ni è stato fondamentale. L’altra cosa che è stata fondamentale è sta- ta far conoscere cosa sarebbe stato il Tav, cominciando a contraddire le bugie di chi lo voleva costruire, di questo potere, che poi all’inizio era anche il potere economico del- la FIAT, perché il primo general contractor dell’alta velocità nell’Italia del nord era stata la FIAT che aveva devastato già con la mac- chinetta privata , con la fine di tutti i servizi pubblici e che voleva fare anche con i treni quello che aveva fatto con le autostrade. Non dimentichiamo che proprio in quegli anni le ferrovie dello Stato erano state privatizzate. E la privatizzazione aveva voluto dire taglio delle corse pendolari, chiusura delle stazioni, e a Bussoleno la chiusura del polo ferroviar- io che dava lavoro a 1500 ferrovieri. Quindi insomma c’erano dei dati reali che se si met- tevano in rilievo trovavano consenso per la lotta. 6 Sapere cosa volevano costruire, informarsi anche a fondo, è stato fondamentale. Difatti noi abbiamo avuto la fortuna di avere dal- la nostra parte due professori del Politecnico di Torino che era l’incubatoio del Tav, perché sono le strutture pubbliche e le università i loro centri studio; con la scuola che è sempre più legata alla carità del privato basta che le diano un contentino. E allora tra tanti che in- vece preparavano i progetti del Tav, due si sono rifiutati di farlo e ci hanno raccontato qual era il vero senso di quest’opera, cosa avrebbero fatto. Allora anche in questo sen- so, noi non abbiamo delegato, abbiamo in- formato tutti anche a livello tecnico oltre che politico su cosa sarebbe stata quest’opera ma anche cos’è quel modello di sviluppo che è sotteso, che è la visione della devastazione umana e naturale, che è la perdita totale di ogni senso del limite, che è il concetto dell’usa e getta come base dello sviluppo, che è l’idea stessa di uno sviluppo che è devastazione, dei diritti, della natura, del futuro. E poi la lotta crea socialità e questa è un mo- tore potente. Il fatto che tu lotti per te e per gli altri, ma anche che lotti perché hai gli al- tri vicino a te, perché capisci che non ti puoi difendere da solo e che difendere te stesso è solo l’altra faccia di difendere tutti gli altri. E questo dalla valle è andato oltre visto che è una situazione che non riguarda solo ques- to territorio, ma questa ingiustizia che si fa devastazione ambientale e sociale è ampia- mente diffusa ovunque, e i compagni di lotta a quel punto era facile trovarli, non soltanto in Italia ma in tutto il mondo; infatti ai nostri presidi sono arrivati i Mapuche, sono arrivati i palestinesi, ognuno portava sapere e dava e riceveva solidarietà e forza. È questo che ti fa resistere, perché loro hanno il denaro, il potere, hanno i giornali di regime, le televisioni per stravolgere la verità. Noi abbiamo le nos- tre forze, il nostro affetto, il nostro senso di socialità e l’amore per il nostro territorio e per quello di tutto il mondo, perché non è solo una dichiarazione astratta ed empatica, ma sappiamo davvero di essere a casa nostra in tutto il mondo e quindi non vogliamo barriere, confini, e sono nostri fratelli anche quei poveri che vanno a morire nella neve perché a casa loro non hanno più nulla; il movimento No- Tav si è anche attrezzato come movimento contro i confini, come movimento che aiuta le donne e gli uomini, i lavoratori, che cerca- no di girare per il mondo in cerca di lavoro, perché la Val di Susa è una terra di emigrati, e quindi gli emigrati sono nostri fratelli e noi li aiutiamo”.