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e oggetti provenienti dallo svuotamento di cantine e appartamenti, fa anche acquisti da operatori informali e da semplici cittadini (la merce proveniente da queste fonti vale il 35% del fatturato) e si posiziona come un centro commerciale di medie dimensioni. L’aspetto interessante è che il negozio contiene una qualità media della merce più alta, rispetto ai negozi di Vicenza e Torino, e questo proprio grazie all’acquisto – il che le consente di posizionarsi, nella percezione dei clienti, tra i centri commerciali veronesi e non come soggetto che recupera e vende roba vecchia altrimenti destinata allo smaltimento. Il numero di passaggi settimanali nel punto vendita (più di mille alla settimana, più o meno come il principale negozio di Vicenza, che però è grande il doppio, e 5 volte più che a Torino) di conseguenza risulta più alto e la clientela più variegata. Anche il valore medio dello scontrino risulta, a Verona, quasi dop- pio, rispetto alle altre due esperienze presentate. Mattaranetta impiega 46 lavoratori, di cui 15 impegnati direttamente nelle attività di riuso: trasporto, valutazione, smontaggio, riparazione, prezzatura, vendita. Gli altri si occupano delle attività di svuotamento, del trasporto e della guardiania di alcuni centri di raccolta. Mattaranetta ha inglobato alcune funzioni che sono tipiche dei normali magazzini che vendono usato, mentre è assente la funzione di filtro nei centri raccolta. Queste caratteristiche la rendono corrispondente solo in parte alla descrizione da cui siamo partiti. (5) Una risorsa per le città Proviamo, a questo punto, a rendere esplicite le ipotesi che sosten- gono un centro di riuso e a immaginarne un’evoluzione. 5 | Altre esperienze significative sono quella di Brescia, dove il negozio Spigolandia è gestito dalla cooperativa sociale Cauto, e quella di Bologna, dove il mercato dell’usato di Piazza Grande è gestito dall’omonima cooperativa. Le ragioni per investire sui centri di riuso •La riduzione dei rifiuti viene percepita, al momento, come la motiva- zione principale, sia presso il largo pubblico che tra gli amministratori locali. Come abbiamo visto, è vera solo in parte. I dati in letteratura ci dicono che i beni effettivamente recuperabili sono tra l’1 e il 2% dell’ammontare totale dei rifiuti (in Italia circa 600.000 tonnellate, cor- rispondenti a 5-6 kg procapite). Una bella cifra, ma che contribuisce poco a ridurre i rifiuti. Bisogna considerare inoltre che recuperare non significa rivendere. La cooperativa Insieme commercia circa 520 tonnellate di oggetti l’anno, che corrispondono a circa un settimo del recuperabile (6) . L’esperienza delle Fiandre testimonia che, con un sostegno diretto al mercato, la quota di merce venduta può crescere (il prossimo obiettivo della Regione Fiandre sono i 7 kg, cioè l’1,5% circa del totale dei rifiuti prodotti).