Metato 69 bozza 20 agosto | Page 28

Sant’Ignazio. Il prezioso organo Hermans custodito nella chiesa di Sant’Ignazio in piazza dello Spirito Santo (foto Clara Begliomini) sulla sinistra. La chiesa di San Francesco, gotica di tipo francescano, caratterizzata da una estrema semplicità stilistica e decorativa, capace di combinare armonicamente rigore, eleganza e sontuosità, fu edificata a partire dalla fine del XIII secolo e ospita tavole e affreschi di notevole valore, specialmente quelli del XIV secolo. In questa chiesa, il 14 aprile 1713, giorno successivo alla sua morte, viene sepolto il padre del nostro gesuita, mentre questi è in navigazione nell’Oceano Atlantico. Nel corso del suo viaggio, dopo la sosta a Firenze, dove è ricevuto dal granduca Cosimo III dei Medici (1642-1723) e prima di imbarcarsi a Livorno e poi a Genova e a Lisbona, Ipp olito si era fermato nella sua città natale dal 6 all’11 ottobre. Vi aveva trovato il padre Iacopo, rimasto nuovamente vedovo (la seconda moglie era morta il 28 aprile 1706 all’età di 53 anni) e, ancora in casa con lui, i fratelli Francesco, sacerdote, Giovan Battista e Giuseppe, dottore, con la moglie Fortunata Alessandra Caterini e la figlia Maria Francesca Angela (nata nell’autunno 1710). Alla morte del padre, il primogenito 28 • Il Metato Francesco (1681 - 14.2.1742), che fu pievano di Santa Maria a Colonica, presso Prato (allora diocesi di Pistoia), e Giovan Battista lasceranno la casa paterna al dottor Giuseppe, la cui famiglia si accrescerà di altri due figli: Giovanni Silvio (1712-1787), nato alla fine di quello stesso 1712 e Maria Maddalena Anna, nata intorno al 1718. Ultima visita a Pistoia. 1727 Dopo un viaggio lunghissimo e periglioso, attraverso il Mediterraneo, gli oceani Atlantico e Indiano, l’India, il Punjab, il Kashmir, il Ladakh (attraverso gli alti valichi fra Karakorum e Himalaya) e l’estenuante desolazione dell’altopiano tibetano, il missionario pistoiese così annuncia il suo arrivo: tre anni, cinque mesi e ventidue giorni dopo la mia partenza da Roma; due anni e quattro mesi dopo la partenza da Goa; un anno e quasi sei mesi dopo la nostra uscita da Delly; e dieci interi mesi dopo d’esser partiti da Cascimìr; a’ 18 di marzo dell’anno 1716, vigilia del glorioso patriarca S. Giuseppe, col favor divino arrivammo alla città di Lhasà, capitale del terzo e Massimo Thibet, termine di sì lungo viaggio e luogo da me stabilito e prefissomi per incominciar la mission di quel regno (MITN V, p. 183). Richiamato dalle autorità vaticane, che affideranno la missione del Tibet in esclusiva ai cappuccini, con la morte nel cuore il nostro gesuita è costretto a lasciare Lhasa il 28 aprile 1721 e, il 14 dicembre dello stesso anno, dopo una sosta di sei mesi e mezzo nella città di confine, abbandona definitivamente il Tibet e, attraverso il Nepal, raggiunge l’India. Vorrebbe rientrare subito a Roma, per affermare le ragioni sue a favore dei gesuiti e poter tornare nel ‘suo’ Tibet, ma è costretto a fermarsi vari anni in India, riuscendo a imbarcarsi per l’Europa, da Puducherry, solo il 23 gennaio 1727, con arrivo a Port Louis, in Francia l’11 agosto di quell’anno. Ricevuto con grandi onori e interesse in Francia (dai reali alla corte di Versailles), prima di rientrare a Roma, Desideri si ferma a Pistoia dal 4 novembre all’11 dicembre, per poi trattenersi a Firenze, fino al 18 gennaio 1728. Il letterato pistoiese Gherardo Nerucci (1828-1906) aveva avuto notizia del passaggio di Desideri da Pistoia, leggendo, a casa di Filippo Rossi Cassigoli , un diario manoscritto (notizia importante che lo spingerà ad una fruttuosa ricerca della preziosa relazione del viaggio del missionario). Il diario in questione è quello di Giovan Cosimo Rossi Melocchi (1684-1734), marito di Francesca Cellesi. Il manoscritto, oggi nel Fondo Rossi Cassigoli della Biblioteca Nazionale di Firenze, fu tenuto per suo «mero divertimento»: cose [pistoiesi] notate e minutamente osservate, dal gennaio 1724 al 31 aprile 1728 («cose occorse in Pistoia […] descritte come veramente e veridicamente … osservate e senza passione descritte […]»). La parte dedicata al ‘Ritorno dal Tibet del P. Ipolito Desideri Giesuita pistoiese’ si trova anche nella copia manoscritta effettuata da Alberto Chiappelli in casa di Giulio de’ Rossi alla fine del XIX secolo (Diario delle cose pistoiesi, conservato nella Biblioteca Comunale Forteguerriana di Pistoia). La testimonianza del Rossi Melocchi, che era stato compagno di scuola di padre Ippolito, e che a tarda sera va, con