LUCE estratti LUCE 326_Calafiore_Alessandro Carletti | Page 5
Alessandro
Carletti
che aggiornano e migliorano la loro
esperienza luminosa.
Le consolle finalmente, ed è quello che
ho sempre sostenuto, sono diventate molto
più simili agli editor di montaggio video
che non a dei semplici controller di intensità,
movimento o tempo.
l’allestimento dell’opera contemporanea
Aquagranda, dedicata all’alluvione del 1966
che provocò danni ingenti alla città. Acqua
e Luce: due elementi vitali da rappresentare
in una circostanza drammatica. Quali sono state
le linee su cui hai sviluppato le luci che in modo
simbolico e suggestivo hanno percorso le note
e le azioni sceniche dell’opera?
In questo allestimento, la musica è stato
il percorso che ho seguito… l’ho percepita
come un costante crescendo sfociato nella
grande marea che ha sommerso la Laguna.
L’acqua è stato l’elemento base
dell’allestimento e la luce ha cercato di
assecondarla, dall’aumento della marea,
espressa da Paolo Fantin attraverso una grande
vasca in costante riempimento, fino al momento
della quiete “dopo la tempesta”, dove tutto
il teatro era avvolto dai riflessi di luce.
In questo caso la luce ha seguito il percorso
temporale dell’opera, dalle nebbie veneziane
alle prime avvisaglie dell’innalzamento
della marea fino al dramma.
È stata un’opera molto sentita dal teatro
e dalla città stessa; ho evitato di ragionare
su tecnicismi e dinamiche di luce e ho cercato
il più possibile di essere acqua.
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LUCE 326 / LANTERNA MAGICA
Che ruolo gioca la tecnologia nel tuo lavoro?
L’evoluzione dei Led e lo sviluppo continuo
dei proiettori motorizzati hanno generato
una nuova grammatica ed estetica della luce
nello spettacolo, qual è il tuo pensiero
in merito a questo aspetto?
La luce è una conseguenza della tecnologia;
senza inoltrarci in percorsi storici, basta fare
il confronto tra una candela e un Led e già
cogliamo questa proporzione.
Quello che è importante a mio avviso
è la costruzione “dell’idea luminosa”, riuscire
ad averla chiara: nel colore, nella intensità,
soprattutto nel contesto visivo in cui si esprime.
In questo le nuove tecnologie vengono
di supporto, perché più andiamo avanti nello
sviluppo e più mi rendo conto che non ci sono
limiti rispetto alla fantasia, che, ripeto, deve
essere alla base. Il rischio dell’utilizzo
delle “nuove tecnologie” – ricordiamo
che i motorizzati sono più o meno venti anni
che sono sul mercato – è quello di essere
o raccontare un gesto tecnico e non emotivo.
Sono sicuramente curioso rispetto ai nuovi
prodotti che entrano nel mercato, e trovo
affascinante il percorso delle aziende di settore,
In The Rake’s Progress il segno grafico luminoso
del Flexled traccia sullo spazio i sette vizi
capitali, riecheggiando le insegne luminose
al neon che per decenni hanno disegnato
i paesaggi notturni delle città; diventando
insieme luce e scenografia, precipita infine
sul palcoscenico, illuminando degli ultimi
bagliori residui l’epilogo dell’opera.
Quali processi, scelte stilistiche e tecniche
hanno generato le luci di questo raro
allestimento dell’opera di Igor Stravinsky?
Le scritte fluorescenti erano presenti in scena
come una grande nuvola che sovrastava
il percorso del protagonista Tom Rakewell
e scandivano le sue tentazioni e le sue azioni.
Alla fine dello spettacolo, momento del
pentimento… crollano, divenendo una debole
sorgente di luce. Con Paolo Fantin abbiamo
cercato una qualità di Flexled che ci
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permettesse, allo stesso tempo, di essere
“segno grafico” e sorgente luminosa.
Rake’s è uno spettacolo forte, duro, che entra
nell’animo umano. E per questo, anche
in virtù della struttura drammaturgia di
Damiano Michieletto, la luce ha sempre avuto
una connotazione aggressiva, direi quasi cattiva.
È un allestimento nel quale ho avuto bisogno
di avere una versatilità di impianto luci,
dalle sorgenti “cattive”, quasi “ammalate”,
che sono state gli HMI virati al verde, ai K20
della Claypacky che mi hanno permesso
di saturare con il colore lo spazio scenico
seguendo l’andamento del colore dei Flexled.
In genere sono diverse le tipologie di sorgenti
luminose che utilizzo in scena, tutto
in funzione della qualità colorimetrica
che voglio raggiungere.
La luce in teatro può anche essere
disorientamento?
Ti racconto questa vicenda di quando
ero bambino. Mio padre era a Roma per
un allestimento di Carmelo Bene, ed io come
al solito lo raggiungevo in teatro. Quel giorno
arrivai dall’ingresso artisti e mi catapultai
in palcoscenico, ero curioso di vedere cosa
accadeva. Allestivano Pinocchio.
Arrivai in palco, ed era completamente buio;
pensai “ok, aspetto un po’ di luce e mi muovo”
ed aspettai in quinta…. Silenzio… Ma in un
attimo si accesero tutte le luci su un burattino
gigante, “Mangiafuoco!”, ed io ero vicinissimo
a quel Gigante! Ecco, questo è un esempio
di disorientamento.
La luce lavora sui sensi in tutti i modi possibili
ed è una metafora costante, quindi può
disorientare e allo stesso tempo rassicurare,
ma anche impaurire o accogliere un sorriso.
Non trovo uno stato emotivo che non possa
esprimere.
Puoi dirci qualcosa a proposito
del tuo background?
Mi ritengo “uomo di bottega” e sono figlio
d’arte. Mi è stato insegnato che il teatro