LUCE estratti LUCE 323 _ Calafiore _ Marco Filibeck | Page 5

Nei primi decenni del Novecento anche l’avanguardia Futurista italiana ha influenzato il Teatro: “Sintetico polisensoriale simultaneo poliscenico aereopittorico aereopoetico cinematografico olfattivo tattile rumorista”, così Marinetti nel 1933, in Architettura e meccanismo del teatro totale, anticipa il concetto di contaminazione a cui oggi assistiamo. Penso che una delle componenti che rende il teatro moderno importante in senso sociale sia il suo essere avanguardia nello sviluppo dei linguaggi della comunicazione. Tra i Futuristi, oltre alle tue citazioni, penso a Balla, il primo sperimentatore della luce dinamica in chiave artistica. Le avanguardie dell’arte hanno sempre influenzato l’espressione teatrale, utilizzando lo spazio scenico per sviluppare e sperimentare nuovi linguaggi di comunicazione. A distanza di un secolo, la chiave di volta è la tecnologia, che, nell’ambito della luce e in particolare nella sua applicazione nello spettacolo, è avanzatissima. Qual è lo stato dell’arte del comparto illuminotecnico al Teatro alla Scala di Milano? La tecnologia utilizzata in un teatro come la Scala deve essere costantemente aggiornata. In passato, si costruiva un parco luci che poteva soddisfare le esigenze sceniche per un decennio; oggi c’è la necessità di aggiornare anno dopo anno gli impianti e le tecniche di illuminazione. Un ruolo di avanguardia si costruisce anche passando attraverso upgrade costanti. Avere a disposizione i mezzi più avanzati può consentire l’origine di quei nuovi valori estetici di cui parli. Non c’è nessun automatismo però; la creatività e l’espressione artistica non dipendono mai solo dai mezzi a disposizione. Un parco luci ideale! La Scala offre il set-up per consentire ai light designer di progettare e realizzare le visioni immaginate con i registi con massima flessibilità e ampiezza di soluzioni! Il lighting designer teatrale è spesso dotato di una “doppia anima”. Mi piace usare questo termine perché evoca sia qualcosa di intimo e profondo che avvicina all’espressione dell’arte e talvolta la realizza compiutamente, sia quel sapere fatto di esperienza e conoscenze tecniche. Credo che il Teatro alla Scala debba consentire ai light designer la più ampia possibilità espressiva attraverso una dotazione tecnica aggiornata. I professionisti, per conto loro, dovranno avere le competenze necessarie alla gestione degli impianti attuali, in cambio di una maggiore potenzialità creativa. Un altro fattore fondamentale sono i tempi di prova in palcoscenico, che sono sempre più compressi a causa dell’aumento della programmazione e delle aperture di sipario. Come si riesce a far fronte a questa criticità? L’aumento di produttività si traduce in una maggiore capacità nel rispettare tempistiche ridotte garantendo ugualmente il risultato atteso. Il light designer deve preparare il proprio progetto con grande attenzione, curandone anche i minimi dettagli. Lo spazio per la sperimentazione si è ridotto molto, l’utilizzo dei programmi di simulazione virtuale con i modelli 3D può essere di grande aiuto per accorciare i tempi della programmazione degli effetti di luci. Lavori spesso all’estero; qual è la tua esperienza e quali sono le differenze nello svolgere la tua professione in Italia o in un altro Paese? Le tecnologie in Europa si equivalgono in tutti i maggiori teatri. Il Teatro alla Scala di Milano, l’Opéra di Parigi o il Covent Garden di Londra hanno sistemi di lavoro e dotazioni molto simili. Ad esempio, in un’ottica di scambio di co-produzioni tra teatri, oggi molto diffusa, si cerca di uniformare anche le consolle di controllo delle luci per facilitare l’importazione di uno spettacolo da un teatro a un altro. Differente è la situazione negli Stati Uniti, dove c’è una cultura della luce molto diversa da quella europea e dove, sorprendentemente, si utilizzano di più i proiettori convenzionali. Nei teatri americani quindi non si utilizzano i moving light? Sono meno utilizzati rispetto all’Europa. Quindi cambiano il linguaggio e il risultato? No, assolutamente. Direi che la capacità del light designer, in questo caso, deve essere quella di saper tradurre, attraverso un adattamento dell’impianto, le caratteristiche dello spettacolo senza perderne il contenuto visivo e le finalità originali. Un luogo complesso come il palcoscenico di un teatro d’Opera come coniuga le esigenze di allestimento delle diverse tipologie di spettacoli – Lirica, Balletti, Concerti – unitamente alle esigenze di programma del cartellone? Il palcoscenico del Teatro alla Scala è una macchina molto complessa poiché la produzione di spettacoli all’interno di una stagione è estremamente intensa e diversificata. Per poter far fronte alla programmazione, disponiamo di un impianto luci permanente, quindi corpi illuminanti che rimangono montati stabilmente. Non ci sono i tempi per installare nuovi impianti tra una produzione e l’altra; quindi un impianto di base, integrato da installazioni specifiche per ogni singola produzione, rappresenta una soluzione ben gestibile. Il parco luci della Scala contiene tutte le tipologie dei proiettori, sia di vecchia generazione – come fresnel, sagomatori e piano convessi con sorgenti alogene a incandescenza o a bassa tensione –, sia moving light di tipologie diverse, con sorgenti a scarica, a LED in tricromia, quadricromia, penta cromia o con chip LED fino a 7 colori, diffusori per fondali e cambiacolori. La programmazione e la registrazione degli effetti di luci avviene attraverso 2 consolle e 6 operatori che si alternano coprendo l’intera giornata lavorativa. Quartett. Gran Teatre del Liceu, Barcelona. Regia di / directed by Alex Ollè (La Fura dels Baus), scene di / scenes by Alfons Flores, luci di / lights by Marco Filibeck 76 LUCE 323 / LANTERNA MAGICA