LUCE estratti LUCE 323 _ Calafiore _ Marco Filibeck | Page 6

Dal tuo punto di vista privilegiato, quali sono i light designer italiani e internazionali da seguire con attenzione? Lavorando al Teatro alla Scala ho potuto collaborare con molti professionisti della luce. Tra i tanti, segnalo due lighting designer italiani: Pasquale Mari e Alessandro Carletti. Mari collabora con il regista Mario Martone ed è stato il lighting designer dell’Andrea Chénier, titolo che ha inaugurato il 7 dicembre scorso la nuova stagione alla Scala e di cui ho letto la vostra bella e interessante conversazione su LUCE. Alessandro Carletti collabora stabilmente con il regista Damiano Michieletto, che ha un successo internazionale crescente. Oltre i confini italiani ho potuto conoscere personalmente A. J. Weissbard, come lighting designer di Robert Wilson e professionista della luce in vari settori, anche nella Moda; il russo Gleb Filshtinsky, che ha realizzato le luci di Madama Butterfly dello scorso anno e di altre produzioni scaligere; Peter van Praet, che collabora con il regista Robert Carsen; Jean Kalman. Il lavoro di Jean testimonia sempre una cifra stilistica riconoscibile e un linguaggio artistico proprio, per me è un punto di riferimento assoluto. Torniamo in Italia; per il ventennale della scomparsa di Giorgio Strehler, la Scala ha riallestito nella sua immutata bellezza il Ratto dal Serraglio e tu hai firmato le luci. Vuoi raccontarci come ti sei misurato con questa pietra miliare del teatro d’Opera? Il mozartiano Ratto dal serraglio è uno spettacolo da studiare. Dovrebbe far parte del programma di qualsiasi Accademia di Belle Arti o dello Spettacolo. È nato nel 1965 per il Festival di Salisburgo, con le scene e i costumi di Luciano Damiani, ed è stato replicato alla Scala e in molti teatri europei in questi 50 anni. È stato uno spettacolo che ha rivoluzionato, influenzato e modificato le messe in scena teatrali in modo indelebile. Mi spingo a dire che l’opera teatrale di Robert Wilson potrebbe non essere quella che tutti conosciamo oggi, se non ci fosse stato Strehler e il suo Ratto dal serraglio. Per capirne bene i contenuti altamente innovativi, si deve immaginare come venivano illuminati gli spettacoli fino a quegli anni e, in generale, quale fosse fino ad allora la funzione della luce. Come ha scritto sullo storico allestimento su Fermata spettacolo il critico Luigi Paolillo: “La regia di Strehler approfondisce il discorso metateatrale, imponendo agli attori non solo il movimento dalla luce all’ombra e viceversa, che già di per sé supera la finzione scenica, ma spesso li fa rivolgere direttamente alla sala, dà loro la possibilità di uscire ed entrare, in apparente libertà, dalla finzione teatrale, inchinandosi platealmente al pubblico dopo un’aria, o accendendo le mezze luci in sala durante l’esecuzione della stessa: teatro, puro teatro in controluce che ci mostra la natura artificiosa e illusoria non solo della scena stessa, ma pure di ciò che ci ostiniamo, contrapponendola ad essa, a chiamare realtà”. Mi sono avvicinato all'allestimento come chi entra in una cristalleria preziosa e delicatissima, con la volontà di riproporre intatto l’impianto originale e il suo canone prezioso, fatto di incandescenze a bassa tensione, fondali di cieli accecanti, profonde silhouette. È stata una “lezione” anche per me. Light at the Opera Conversation with Marco Filibeck A t the end of the Eighties, in Italy new theatre groups gave life to a new current called “Teatro di ricerca” (Research theatre). In the performances they created with their companies, Giancarlo Cauteruccio, Barberio Corsetti, Mario Martone, Federico Tiezzi, Memé Perlini, Giuliano Basilico and Romeo Castellucci triggered a process of contamination of the languages, which today also influences the world of the Opera. What are the consequences of this process in the aesthetics and lighting technique for performances on stage in its different expressions? I like the word contamination because it helps to define this important process which involves lighting in all its languages. Up to about twenty years ago, the worlds of fashion, advertising, cinema, theatre and television developed lighting techniques, in an isolated, sectorial manner. Each one followed its own course, had its own reality and there weren’t many interactions. If believe that the present day technologies create a common ground where it is possible to share experiences, and the same technologies can be developed through this sharing and contamination. Take for example moving lights for the effects, that are greatly used in TV entertainment programmes, which are the same ones used in live concerts, or the scenographic lighting used in talk shows, now used on numerous theatre stages. Also the world of fashion, in the past years has presented fashion shows with an image quality and solutions that are very similar to theatre productions. Architectural lighting, with its dynamic use of light and colour, has developed new languages and poetics. All these are proof of the merging of ideas and techniques and constant movement of the know-how of the lighting sector “to and from”, bringing together the different languages of light, in a new universal technical and expressive language. Contamination and therefore recodification of the aesthetics and lighting techniques in the theatre space? I would say so, but not only that. In the theatre, instruments that are apparently unrelated are used, and their peculiar characteristics are exploited. An example in the recent past are the high power projectors for a “daylight” effect, used in the cinema, whose use in the theatre has radically changed the techniques and languages. Or the fluorescent lights to light work and study areas, which can be used with a dimmer for completely different purposes than those they were produced for. In my opinion all the research work must be pointed out. I believe that in Europe, with regard to the concept of modern scenography, everything stems from the pioneering research work of Adolphe Appia and Edward Gordon Craig, a research brought to extreme consequences by the integrated scenography and light applications developed by the father of contemporary scenography, Joseph Svoboda. The research work of a genius like Svoboda is the proof of how technological research and experimental trials have enabled the theatre to develop new languages that, breaking the barriers of the different sectors, spread further and became even better established. Just think of his intuition to project images on the scenography: fixed, non-dynamic images, large slides. And we think of the video installations of today, the architectural mapping and LED walls; these are all techniques that evolved from the ideas of Svoboda, and developed in different ambients, not only the theatre, such as the television or live concerts, and they return under the form of virtual scenographies or images with a dramatic meaning. In the first decades of 1900, also the avant- garde Italian Futurist movement influenced the theatre. In 1933, in Architettura MAGIC LANTERN / LUCE 323 77