LUCE estratti LUCE 323 _ Calafiore _ Marco Filibeck | Page 4

¶ LANTERNA MAGICA La luce dell’Opera Alceste – Opéra de Lyon Conversazione con Marco Filibeck di Paolo Calafiore A partire dalla fine degli anni ‘80, in Italia, nuovi gruppi teatrali diedero vita a una nuova corrente che venne identificata in “Teatro di ricerca”. Giancarlo Cauteruccio, Barberio Corsetti, Mario Martone, Federico Tiezzi, Memé Perlini, Giuliano Basilico e Romeo Castellucci innescarono con gli spettacoli creati con le rispettive compagnie un processo di contaminazione dei linguaggi della messa in scena che oggi investe a pieno anche l’ambito dell’Opera. Quali sono le conseguenze di questo processo nell’estetica e nella tecnica di illuminazione dello spettacolo nelle sue diverse espressioni? La parola contaminazione mi piace molto perché aiuta a definire questo importante processo che coinvolge la luce in tutti i suoi linguaggi. Fino a una ventina di anni fa, i diversi mondi della moda, del cinema, della pubblicità, del teatro e della televisione sviluppavano le loro tecniche della luce in modo isolato e settoriale. Ciascuno seguiva un percorso proprio, viveva la propria realtà e difficilmente si creava una interazione. Penso che le tecnologie attuali costituiscano quel terreno comune che consente la condivisione delle esperienze, e che le stesse tecnologie si possano sviluppare attraverso questa condivisione e contaminazione. Per fare alcuni esempi: i moving light per l’effettistica, tanto utilizzati nei programmi di intrattenimento televisivo, sono gli stessi utilizzati nel live dei concerti, oppure le scenografie di luci dei talkshow, che sono ormai parte anche di molti allestimenti teatrali. Anche la Moda, negli ultimi anni, ci mostra sfilate con una qualità di immagine e soluzioni molto vicine alla forma teatrale. E ancora, l’illuminazione architetturale che, attraverso un utilizzo dinamico della luce e del colore, sviluppa nuovi linguaggi e poetiche. Tutte testimonianze del travaso di idee e di tecniche e di un movimento costante di “andata e ritorno” del know-how settoriale che sta avvicinando i singoli linguaggi della luce verso una nuova universalità tecnica ed espressiva. Contaminazione e quindi ricodifica dell’estetica e delle tecniche di illuminazione dello spazio scenico? Direi di sì, ma non solo. In teatro, strumenti apparentemente estranei vengono utilizzati sfruttandone le caratteristiche peculiari. Un esempio del recente passato sono i proiettori di alta potenza “daylight”, in uso nel cinema, il cui utilizzo in teatro ha cambiato radicalmente tecniche e linguaggi. O le lampade fluorescenti per l’illuminazione di spazi destinati al lavoro e allo studio, che attraverso la dimmerazione trovano una modalità completamente diversa da quella per cui sono state prodotte. C’è, a mio parere, un lavoro di ricerca che va segnalato. Penso che in Europa tutto abbia avuto inizio dalle ricerche pionieristiche di Adolphe Appia ed Edward Gordon Craig, per quanto riguarda il concetto di scenografia moderna; una ricerca portata alle estreme conseguenze dalle applicazioni integrate di scenografia e luce sviluppate dal padre della scenografia contemporanea Joseph Svoboda. Il lavoro di ricerca di un genio quale fu Svoboda è la testimonianza di come la ricerca tecnologica e la sperimentazione abbiano consentito al teatro lo sviluppo di nuovi linguaggi che, rompendo le barriere settoriali, si sono poi diffusi e ulteriormente determinati. Basti pensare alla sua intuizione nell’utilizzo delle immagini proiettate sulle scenografie: immagini fisse, non dinamiche, diapositive di grandi dimensioni. E pensiamo alle installazioni video di oggi, al mapping architetturale, ai ledwall. Tutte tecniche che nascono dalle idee di Svoboda, si sviluppano in ambienti diversi dal teatro, come televisione o concerti live, e vi ritornano sotto forma di scenografie virtuali o di immagini dal significato drammaturgico. MAGIC LANTERN / LUCE 323 75