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¶ EPIFANIE DI LUCE L’ultima ombra di Jorge Luis Borges di Empio Malara Elogio dell’ombra (Elogio de la sombra) è il titolo della raccolta di poesie e testi di Jorge Luis Borges (1899-1986) pubblicata per la prima volta il 24 agosto 1969, giorno del settantesimo compleanno dell’autore, festeggiato senza che lui, ormai cieco, potesse vederlo, nel “dedalo crescente di luci” (el creciente laberinto de luces) di Buenos Aires. Per Borges, Buenos Aires è la “milonga fischiettata che non riconosciamo e ci emoziona” (milonga silbada que no reconocemos y que nos toca). Elogio dell’ombra è anche il titolo della poesia dedicata al tema, caro a Borges, della morte, che chiude il libro riedito da Adelphi nel 2007, a cura di Tommaso Scarano. “Presto saprò chi sono” (Pronto sabré quién soy) è l’ultimo verso dell’Elogio dell’ombra, che inizia con “La vecchiaia (è questo il nome che le danno) – dichiara Borges, convinto invece che essa – può essere la nostra età felice. […] Questa penombra è lenta e non fa male; scorre per un dolce declivio assomiglia all’eternità”. Come dargli torto? “La vejez (tal es el nombre que los otros le dan) Puede ser el tiempo de nuestra dicha. […] Esta penumbra es lenta y no duele; fluye por un manso declive y se parece a la eternidad” L’altro tema altrettanto caro a Borges è il fluire del tempo, il “panta rei” di Efeso, e lo scorrere della vita è immaginato da Borges nella poesia titolata Eraclito, come variazione della luce nelle ventiquattrore, a partire dalla fine giornata: “Il secondo crepuscolo. La notte che penetra nel sonno. La purificazione e l’oblio. Il primo crepuscolo. Il mattino che è stato l’alba. Il giorno che fu il mattino. Il giorno numeroso che sarà la sera consumata. Il secondo crepuscolo. La notte, altra consuetudine del tempo”. Jorge Luis Borges, 1951 “El segundo crepúsculo. La noche que se ahonda en el sueño. La purificación y el olvido. El primer crepúsculo. La mañana que ha sido el alba. El día que fue la mañana. El día numeroso que será la tarde gastada. El segundo crepúsculo. Ese otro hábito del tiempo, la noche” Il ritmo dei versi e le pause della poesia Eraclito dimostrano il paradosso del mutare e del permanere del tempo e della luce, il susseguirsi di ciò che non è più e di ciò che non è ancora, esprimono – come afferma Scarano – l’angoscia di un futuro che non è altro da noi, l’inconsistenza e la fugacità di ogni stato. Come recita Borges, “D’una sostanza effimera son fatto, di misterioso tempo. Forse la sorgente è in me. Forse sgorgano dalla mia ombra i giorni, illusori e fatali”. “De una materia deleznable fui hecho, de misterioso tiempo. Acaso el manantial está en mí. Acaso de mi sombra surgen, fatales e ilusorios, los días” In definitiva, la natura passeggera dell’esistere si materializza nell’ombra, dove c’è ancora la luce ma si è in attesa (una dolce attesa, per Borges) di sapere chi siamo: “Presto – afferma Borges nell’ultimo verso della poesia che chiude il libro – saprò chi sono”. photo © Grete Stern 13 – continua. Per “Epifanie di Luce” sono usciti finora su LUCE i racconti di Empio Malara: “Alessandro Manzoni, artefice della luce” (n.317, settembre 2016); “Herman Melville. La luce invita al viaggio” (n.321, settembre 2017); “La luce e il buio nel ritratto di James Joyce da giovane” (n.322, dicembre 2017); “Lampi e luci in Addio alle armi di Hemingway” (n.323, marzo 2018); “Il sole artificiale nel romanzo La Montagna Incantata di Thomas Mann” (n.324, giugno 2018); “La luce irriverente e irrazionale in alcuni testi di Carlo Emilio Gadda” (n. 325, settembre 2018); “Le luci rivelatrici di Philip Roth in Pastorale Americana” (n.326, dicembre 2018); “Le finestre illuminate di Marcel Proust nel romanzo Un amore di Swann” (n.327, marzo 2019); "Leonardo da Vinci in Luce" (n.328, giugno 2019); "Il sottosuolo buio di Fëdor Dostoevskij illuminato da Alberto Moravia" (n.329, settembre 2019); "Le voci – e le luci – della sera di Natalia Ginzburg" (n.330, dicembre 2019) ; "Il deserto di luce in Emily Dickinson" (n.331, marzo 2020) 30 LUCE 332 / EPIFANIE DI LUCE