processi di trasformazione, adeguamento
e modifica dell’intero corpo di fabbrica e dei sui
impianti, di cui si riportano i risultati salienti 6 .
Sicuramente l’intero sistema edificio-impianto,
trasformando la propria destinazione d’uso,
ha subito importanti interventi di retrofitting
e refurbishment edilizio e impiantistico relativi
al rispetto delle norme di sicurezza, antincendio
e sismica. Lo studio della storia ha permesso
la ricostruzione delle principali fasi di
adeguamento e trasformazione, così come
di indagare e ricostruire gli aspetti filologici
e storico-culturali più significativi. Il plesso,
ove anticamente era istituito il seminario
dell’Arcidiocesi fiorentina e oggi sede della
Scuola di Ingegneria dell’Università degli studi
di Firenze, fu fino al XIV secolo di proprietà
dei Dell’Accetta, divenendo poi oggetto di
svariate compravendite fautrici, nel susseguirsi
degli anni, di numerosi e diversi proprietari:
Del Cittadino, Ridolfi, Montjoi, Arrighi, Asturillo,
Baglioni, Gerini e Landini, fino all’acquisto nel
1880 da parte del siciliano Principe di Pandolfina
e San Giuseppe, Ferdinando Monroy Barlotta,
Senatore del Regno, alla cui moglie, Laura
Temple-Bowdoin, si deve l’attribuzione del
nome “Villa Cristina” al complesso. In seguito
si succedettero la signora Woronzoff, poi il
Labouchère e l’inglese Rennih; quest’ultimo
mise inizialmente in affitto la villa come albergo
per poi venderla alla Mensa vescovile, che
ampliò l’edificio e vi istituì il Seminario
dell’Arcidiocesi fiorentina (inaugurato nel 1938
dal cardinale Elia Dalla Costa), ove si stabilirono
anche i seminaristi del Collegio Eugeniano
e quelli del Convento della Calza. L’attività
seminariale permase in questo fabbricato
solo per pochi decenni. Il progressivo ridursi
del numero degli alunni nel dopoguerra rese
praticamente inutilizzato il grande edificio.
Pertanto, nel 1980, l’Arcivescovo cardinale
Giovanni Benelli vendette il Seminario di
Montughi all’Università di Firenze, che ne
ha fatto la sede della sua Scuola di Ingegneria 6 .
La Figura 2 mostra le mappe storiche,
e le Figure 3, 4, 5 alcune fotografie di Villa
Cristina, provenienti dagli Archivi Alinari
e dagli Archivi Brogi di Firenze.
Studio del clima luminoso
Attraverso un’analisi critico-comparativa dei
risultati sperimentali è stato possibile studiare
il clima luminoso presente in ambiente,
caratterizzato dalla commistione tra luce
naturale (sebbene poca e proveniente tutta
dall’alto) e artificiale. È noto come la luce
e l’illuminazione naturale presenti in un edificio
e/o ambiente del Cultural Heritage possano
contribuire alla tutela, valorizzazione
e conservazione del significato storico
e architettonico 7 , ma se questo lo leggiamo
attraverso l’Information Theory 8 , allora luce
e illuminazione naturale sono canali di
trasmissione di contenuti informativi, di segnali
e di informazione. Un elevato numero di punti
di misura sul piano orizzontale del pavimento
della sala lettura, sui tavoli e sul pavimento
della zona absidale, si è unito a un insieme
di punti particolarmente importanti individuati
sul pavimento dei due ballatoi laterali, sulle
superfici orizzontali dei piani di lavoro e sulle
porzioni verticali delle scaffalature a un’altezza
di 1,60 m (circa l’altezza degli occhi di un
normotipo). Si riporta in Figura 6 una
planimetria ove sono indicati i principali punti
di misura. A partire dai risultati della campagna
di misura, condotta in differenti giorni per tener
conto delle diverse condizioni di cielo e di sole
durante gli orari di utilizzo della biblioteca,
è stato possibile ottenere la variazione
e distribuzione dei valori di illuminamento
in funzione delle condizioni di cielo e del
“percorso del Sole” dal punto di vista
radiometrico e fotometrico. Quanto si evince
dallo studio è che la luce naturale presente
in ambiente è ovviamente stata pensata per una
chiesa, e come tale predilige una distribuzione
prevalentemente diffusa e dall’alto. La luce
naturale entrante porta con sé informazione:
essa deriva da una progettazione per mezzo
della quale concorre nell’architettura
ad assicurare rilevanti effetti estetici, emotivi
e percettivi, oltre a livelli di luminosità
funzionale, celebrativa e liturgica, sia per
l’assemblea sia per lo spazio presbiteriale
e quelli adiacenti; il suo colore è dovuto al
proprio spettro di emissione, non al risultato
Figura 2. A sinistra / On the left: stato precedente la costruzione del
Seminario Minore di Montughi. Rilievo topografico della villa, degli annessi
e del vasto parco; la villa è indicata come “Villa Cristina – Principe
Giuseppe” / On the left: prior condition to the construction of the Minor
Seminary of Montughi. Topographical survey of the villa, annexes, and the
large park; the villa is referred to as “Villa Cristina – Principe Giuseppe”
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LUCE 328 / RICERCA E INNOVAZIONE
della combinazione di trasmissione, riflessione
e rifrazione speculare e diffusa dovute
alla presenza di vetrate colorate o superfici
particolari, essendo prevalentemente
monocrome, ma connesso alla posizione del sole
e, quindi, al valore dell’angolo di incidenza
rispetto al quale cambia, durante tutto il giorno,
il coefficiente di trasparenza (solare e luminosa)
dei vetri chiari semplici presenti. Utilizzando
l’Information Theory 8 è possibile interpretare
e analizzare il segnale trasportato dai flussi
luminosi dovuti alla luce naturale, che non solo
ci dice della finitezza del flusso neghentropico
utilizzabile (la qualità della luce), derivante
dal Sole e dal Cielo, ovvero le condizioni di suo
controllo ed uso, ma ci permette grazie ai
contenuti informativi, deducibili dai campi
di distribuzione e variazione dell’illuminamento
e luminanza, di ricostruire filologicamente
lo spazio nei suoi ambiti e funzioni originari.
La luce artificiale invece appiattisce, se non
addirittura nasconde, il contenuto informativo
di quella naturale. Attraverso lo studio
dell’andamento della luce naturale è stato
possibile individuare, rileggere e recuperare
l’informazione storico-filologica, e quindi
scandire gli ambiti e volumi che appartengono
alla storia della chiesa: il nartece, ovvero il breve
atrio largo quanto la chiesa; la navata centrale,
molto evidente, che corre fino al coro; le navate
laterali, cioè i lunghi corridoi che l’affiancano;
il coro, la parte in cui è collocato l’altare
maggiore, appena individuabile a causa delle
trasformazioni architettoniche; l’abside, cioè
la porzione semicircolare posta dietro il coro
e parte finale dell’intero ambiente, ben visibile
perché anch’essa marcato dal percorso luminoso
del sole. Questi ambiti hanno modificato la loro
destinazione d’uso: tavoli di lettura e studio
sono ovunque. L’analisi dei dati sperimentali
ha mostrato un errore medio della misura,
calcolato con la deviazione standard e il test
del Chi-Quadro, intorno al 25%: ciò è dovuto
all’estrema variabilità del cielo tipica per le
medie basse latitudini, quale quella di Firenze.
In particolare, si nota come i valori di
illuminamento nella zona della sala lettura
siano inferiori a 300 lx, anche nelle ore serali
A destra / On the right: mappa catastale con l’indicazione
della nuova strada realizzata da Enrico Labouchère per congiungere
via Santa Marta a via Vittorio Emanuele (la futura via Guglielmo Massaia) /
On the right: cadastral map indicating the new road built by Enrico
Labouchère to connect via Santa Marta to via Vittorio Emanuele
(the future via Guglielmo Massaia)